Ambiente. L’Assemblea approva il Piano rifiuti e bonifiche 2022-2027: il ciclo rifiuti vale 850 milioni
Al 2027, previsto l’80% di raccolta differenziata e la chiusura delle discariche oltre alla produzione di 120 kg di rifiuti indifferenziati per abitante. Per l’economia circolare fondi per 43 milioni e altri 40 per le bonifiche dei siti inquinati. Critiche le opposizioni: promesse non mantenute sulla chiusura degli inceneritori, produzioni di rifiuti sottostimate e aziende che portano rifiuti all’estero
L’Assemblea legislativa ha approvato il Piano regionale di gestione dei rifiuti – urbani e speciali – e per la bonifica delle aree inquinate 2022-2027. Il valore del ciclo dei rifiuti in regione è di 850 milioni di euro (comprendendo tutte le risorse regionali, statali e del Pnrr).
Il Piano è stato illustrato dai relatori di maggioranza e minoranza, rispettivamente Gianni Bessi (Partito democratico) ed Emiliano Occhi (Lega).
Secondo Gianni Bessi “è stato svolto un grande lavoro su rifiuti urbani, speciali e bonifica dei siti inquinati: una base solida su cui la commissione Ambiente è intervenuta con emendamenti e modifiche. Il Pano è coerente con l’obiettivo di fornire uno strumento che permette di puntare a sviluppo sostenibile, economia circolare e transizione ecologica. La qualità principale è che il Piano sostiene l’economia e i rifiuti non sono più considerati uno scarto, ma una risorsa”. Nel dettaglio, ha continuato il relatore dem, si va dall’azzeramento della percentuale di smaltimento nelle discariche entro il 2027, all’autosufficienza regionale nello smaltimento, che è una priorità, alla limitazione della produzione di rifiuti, all’aumento della raccolta differenziata all’80% (oggi in regione siamo al 72%) entro il 2025 come prevede il Patto per il lavoro e il clima. Ci sono, poi, altri obiettivi: limitare la produzione a 120 kg per abitante; ridurre del 5% i rifiuti speciali non pericolosi e del 10% quelli pericolosi; far calare del 10% i conferimenti in discarica che sanno 640mila tonnellate nel 2027; tariffa puntuale dal 2023 per i comuni che l’hanno avviata, dal 2024 per gli altri. “Il Piano delle bonifiche -ha continuato Bessi- impone la qualità degli interventi sui rifiuti prodotti, la gestione dell’inquinamento e la rigenerazione brownfield (siti inquinati compresi in ambito urbano o di immediata periferia, che hanno opere di urbanizzazione, ndr)”. Per il relatore di maggioranza il minimo comune denominatore è la considerazione del rifiuto come una risorsa, per “puntare all’autosufficienza regionale, a cui si collega l’economia circolare, che avrà un peso decisivo. Infine, il Patto per lavoro e clima, del 2020, prevede che la transizione ecologica dovrà essere trasversale alla politiche settoriali della Regione (energia, aria, trasporti, etc.) e che va accompagnata per avere consumi sostenibili e filiere green. A disposizione ci sono 43,5 milioni, a cui se ne aggiungono altri 32 per le bonifiche, ancora da assegnare”.
Il Piano, ha concluso Gianni Bessi, “si concretizza se tutti accettiamo di gestire bene i rifiuti. L’Emilia-Romagna non parte da zero, c’è una lunga esperienza di buone prassi. Oggi occorre un sano pragmatismo per gestire le azioni del Piano, che devono essere comprese e condivise, e cittadini e imprese devono diventare protagonisti della transizione ecologica”.
Per Emiliano Occhi “abbiamo cercato di andare in direzione diversa dal passato, ma esistono ancora problemi nonostante alcune migliorie. Le osservazioni di Occhi – la Lega ha presentato diversi emendamenti e ordini del giorno – si spostano sui rifiuti urbani: “La clausola di salvaguardia prevede che se la produzione è più alta vadano in impianti per i rifiuti speciali. Anche qui c’è una sottostima e noi proponiamo che se lo scostamento è oltre il 10% il Piano vada rivisto e si attui un check up nel 2025. Le previsioni sbagliate impattano sui cittadini e sulle imprese”.
Per i rifiuti speciali, continua il consigliere leghista, “la sottostima è stata costantw: 400mila tonnellate. Ma nel 2027 si prevede lo sforamento di 285mila tonnellate di cui 100mila andranno negli impianti di trattamento, (ne rimarrebbero 185mila senza trattamento). I gestori dei termovalorizzatori preferiscono, però, in un’ottica di mercato, introitare i rifiuti dall’esterno. Nel 2025 dovremo rivedere gli impianti, anche perché i fondi europei non sono previsti per impianti di smaltimento e termovalorizzatori”.
Per il relatore di minoranza gli obiettivi sono sfidanti: 80% di differenziata, 120 kg per abitante non a riciclaggio, 66% di riciclaggio, 166mila tonnellate di rifiuti urbani, il calo degli speciali e il 10% di conferimento in discarica. “La differenziata ‘porta a porta’ -ha spiegato- dà risultati superiori, ma lascia residui e la dispersione dei rifiuti provoca inquinamenti (vedi le campagne e i canali con plastica). Il cittadino non ha percepito i vantaggi della differenziata, ne la bontà di termovalorizzatori. Preoccupa, inoltre, l’obiettivo del 67% di differenziata in montagna, dove c’è carenza di impianti di smaltimento, perché i Comuni saranno appesantiti dalle incombenze”. Va bene l’autosufficienza territoriale, “ma le aziende devono smaltire all’estero. Solo una discarica nel 2024 è problema. Per i rifiuti speciali c’è una mancanza di volumi: solo il 3% oggi va nei termovalorizzatori. Si devono programmare impianti di trattamento”. Sui sottoprodotti, poi, ci sono incertezze normative nazionali. Ad esempio, “per favorire il recupero di inerti e materiali da costruzione si devono creare impianti, non leggi”. La tariffa puntuale rischia di diventare una norma punitiva: “I Comuni hanno avuto spending review selvagge, non riescono a gestire anche questo. O interviene Atersir o i Comuni faranno fatica. Così come per le bonifiche, quale sostegno avranno le amministrazioni per operazioni costose e lunghe?”.
Infine, Occhi chiede di considerare “il biometano e i reflui civili del sistema idrico integrato, perché pensare che fanghi di depurazione non possono essere usati per produrre biometano è da paleolitico. E poi va sfruttato il Bacino padano per il biogas. Le promesse fatte ai cittadini da giunte del passato, in cui si diceva che con meno rifiuti si sarebbero spenti gli impianti, non reggono più”.
Marco Lisei (Fratelli d’Italia) ha sottolineato: “L’Emilia-Romagna ha la produzione di rifiuti più alta in Italia e siamo quinti per raccolta differenziata. Il soggetto che si occupa di gestione rifiuti, cioè Hera, copre il servizio in oltre il 54% dei comuni della regione e serve 2,5 milioni di cittadini, percependo un utile annuo di circa 300 milioni di euro, grazie alla tariffa pagata dai cittadini. Ma, a quanto risulta dai dati, i comuni in cui il servizio è gestito da Hera hanno performance peggiori sulla differenziata. I comuni devono decidere se fare i soci della multiutility o controllare che i servizi vengano erogati in base alle tariffe, perché a rimetterci sono i cittadini. In quanto agli inceneritori, non siamo contrari ma crediamo che la dotazione della regione sia più che sufficiente”.
Massimiliano Pompignoli (Lega) ha ricordato: “Nel Piano di gestione dei rifiuti 2015-2020, si puntava a raggiungere una percentuale di differenziata pari al 70% per permettere di azzerare le discariche e arrivare a un progressivo spegnimento degli inceneritori. I Comuni si sono attivati in tal senso. A Forlì, dove abbiamo due inceneritori, si è arrivati all’80% di differenziata superando dunque l’obiettivo del 70%. Ma nel 2021 ci hanno detto che gli inceneritori non si spegneranno. Sono state tradite le promesse. Chiediamo di comprendere le esigenze dei territori a partire dallo spegnimento degli inceneritori”. Pompignoli ha quindi puntualizzato sui monitoraggi dei conferimenti negli inceneritori al 2025: “Troppo generiche le azioni previste. Emendamenti e ordini del giorno della maggioranza in tal senso vanno nella stessa direzione di quelli presentati dalla Lega, che sono stati respinti”.
“Ennesimo strumento pianificatorio calato dall’alto, poche le possibilità di modifica, salutato come innovativo ma vediamo solo un libro dei sogni che difficilmente potrà essere tradotto in realtà”, spiega Giancarlo Tagliaferri (Fratelli d’Italia). “Bonaccini -aggiunge il consigliere piacentino sul tema dei rifiuti urbani- sembra non ascoltare le richieste dei territori, punta solo sul porta a porta. Non registriamo alcuna innovazione tecnologica (come cassonetti smart): sul porta a porta gli enti territoriali vengono, in qualche modo, ricattati, chi non lo fa non ottiene fondi per l’efficientamento energetico degli immobili comunali”. Riguardo poi ai rifiuti speciali: “Anche qui traguardi inarrivabili, già oggi la situazione è emergenziale senza il ricorso all’export dei rifiuti”. Siamo di fronte, conclude Tagliaferri, “all’ennesima operazione di marketing, non saranno raggiunti neppure la metà degli obiettivi prefissati”.
Daniele Marchetti (Lega) ha invece descritto la situazione della discarica di Imola: “A Imola è presente una tra le discariche più grandi del nord Italia. Dopo 40 anni di attività i cittadini ne chiedono legittimamente la chiusura e lo stesso presidente Bonaccini, in campagna elettorale, si era dichiarato d’accordo”. Ma, prosegue, “nella realtà si parla ancora di ampliamenti e c’è l’idea di sopraelevare i lotti esistenti nonostante le molteplici contrarietà (ma non di Regione Emilia-Romagna ed enti locali), tanto che con i contenziosi in corso dovrà decidere il consiglio dei ministri”. “Bonaccini -conclude Marchetti- deve essere chiaro come in campagna elettorale: vada a parlare col governo. Propongo un atto congiunto d’impegno, fra tutti i partiti, da trasmettere a Roma”.
Valentina Castaldini (Forza Italia) ha chiesto “di alzare l’asticella, aumentando la quota di raccolta differenziata (prevista all’80% al 2025, oggi in regione è al 73%, ndr) e affiancando la qualità del materiale raccolto: la plastica raccolta sia davvero plastica”. Castaldini ha, poi, introdotto il concetto di sconti per i cittadini virtuosi. Nel Ddl Rilancio, il governo ha previsto lo sconto sulla Tari se si sceglie l’addebito bancario. Ritengo che vada sollecitata la pratica della scontistica anche per gli emiliano-romagnoli”. Critica, invece, la consigliera azzurra “sulla valutazione dei progetti per avere i fondi del Pnrr. Perché la Regione valuta nel merito ogni progetto? Quali e quante aziende sono escluse? E perché?”. Riguardo a Hera e Iren, Castaldini ha detto che le multiutility “rispondono al mercato più che alla logica di un Comune. Ad esempio, ai forlivesi è stata raccontata una favola: fate la differenziata e spegneremo l’inceneritore. Cosa non avvenuta. Serve un’impiantistica propria, per avere un rapporto diretto con le comunità locali”.
Secondo Lia Montalti (Partito democratico) “Le battaglie ambientali sono nate da amministrazione di centrosinistra”. Per la consigliera va modificata la legge 16 del 2015 (economia circolare) “che ha anticipato le linee europee e nazionali. Ho presentato, con il Pd e la maggioranza, un ordine del giorno che parte da valutazioni di contesto – completamento della tariffa puntuale in tutta la regione, modifica della raccolta differenziata – e che introduce un aspetto principale: la valutazione intermedia al 2025 non deve riguardare solo i risultati, ma anche la rivalutazione degli scenari e mi riferisco all’impiantistica. Poi, ci sono altri due punti: uno riguarda la metodologia con cui il monitoraggio sarà portato avanti (approfondimento con l’assessore per avere quadro chiaro); l’altro, la revisione della legge 16 alla luce delle direttive europee, del piano nazionale sull’economia circolare e di altri cambiamenti avvenuti”.
Stefano Bargi (Lega) ha posto l’esempio “dell’ampliamento della discarica di Finale Emilia (Modena), posta sotto sequestro per danno ambientale. In campagna elettorale, lo scorso anno, il Pd dichiarò di non voler ampliare la discarica. C’è già un danno ambientale che pesa su quella comunità per cui un passo indietro politico nel confermare quella volontà ci poteva stare tutto. Aspettiamo gli esiti giudiziari ma valutiamo la valenza e l’interesse verso quella discarica. Altra tematica riguarda i comuni dell’Appennino e lo smaltimento di inerti: in questo Piano si dovrebbero prevedere semplificazioni per evitare comportamenti scorretti come l’abbandono. Il recupero potrebbe essere fatto vicino a quei territori”.
Per Silvia Zamboni (Europa Verde) “i punti positivi che qualificano il Piano sono i lavori di bonifica, accompagnati da una straordinaria dotazione di fondi. Positiva anche la diminuzione dell’uso delle discariche, l’impulso alla raccolta differenziata e la riduzione dell’uso della plastica. Attraverso un emendamento chiediamo che nella progettazione edilizia venga favorito il riuso dei materiali in fase di demolizione. Resta una perplessità di fondo che riguarda la produzione di rifiuti urbani e speciali: in base ad alcune proiezioni al 2027, si prevede un aumento. Servono quindi correttivi per raggiungere obiettivi più ambiziosi rispetto alle attuali stime. Occorre, inoltre, una differenziata di qualità per favorire un riciclo di qualità e i gestori dovrebbero aiutare in questo compito”.
Per Michele Facci (Lega), sempre sul piano, “il tema del rapporto con le multiutility è trascurato. Abbiamo, ad esempio con Hera, un regime di monopolio sulla gestione dei rifiuti. Realtà di tipo solidaristico sono diventate realtà imprenditoriali a tutti gli effetti, con lauti introiti. Siamo in presenza di un sistema alimentato dalle stesse pubbliche amministrazioni. Diventa difficile, pertanto, attivare una vera economia circolare sul riutilizzo dei rifiuti con un sistema di questo tipo, dato che ci sono troppi interessi in campo”. In questo piano, conclude il consigliere, “manca la traduzione pratica di come il rifiuto può diventare effettivamente una risorsa”.
Per Silvia Piccinini (Movimento 5 stelle) “questo piano ha luci e ombre. L’obiettivo del 100 per cento del porta a porta è sfidante ma servono meccanismi per incentivare gli enti locali a questo tipo di percorsi, in quanto devono avere un ruolo centrale”. Poi, aggiunge, “permangono problemi sui rifiuti speciali, che continuano ad arrivare anche da altre regioni”. Inoltre, rimarca la consigliera, “restano aperte discariche in territori virtuosi rispetto alla raccolta differenziata”. “Importante poi -conclude- parlare in questo piano anche di bonifiche, così come è necessario prevedere specifiche risorse a supporto degli enti locali su questo tema”.
Igor Taruffi (ER Coraggiosa) ha sottolineato che “in questo periodo il futuro è incerto e il piano deve guardare in avanti. Il superamento delle discariche al 2027, tranne due per i rifiuti speciali, è un elemento importante così come lo sono le plastiche, la cui riduzione sarà un tema da riaffrontare. Ci sono aspetti su cui si poteva essere più ambiziosi, soprattutto sulla prevenzione e sulla riduzione della produzione rifiuti”. Taruffi ha poi presentato gli emendamenti proposti sulla tariffa puntuale e le sanzioni: “I cittadini paghino solo la quota che producono perché l’obiettivo è quello di portare meno rifiuti indifferenziati e per farlo serve l’incentivo della tariffa puntuale. E l’incentivo si dà prevedendo sanzioni per chi non farà questo passaggio. Un altro emendamento riguarda gli impianti: se ci sarà un calo di produzione dopo il 2025 si metterà mano agli impianti allora esistenti”.
Marco Mastacchi (Rete Civica) ha chiesto, con un ordine del giorno, di “supportare le amministrazioni comunali prevedendo procedure semplici e chiare rispetto alle aree soggette a bonifica. Ai Comuni vengano consegnati protocolli per la gestione tecnica e amministrativa che sia omogenea su tutto il territorio regionale”.
L’assessora all’Ambiente, Irene Priolo, è intervenuta al termine del dibattito. “C’è chi, dalla minoranza, chiede di alzare gli obiettivi e chi di abbassarli. Questo è un Piano che ha ingenti risorse che stiamo mettendo a frutto. Respingo l’accusa di promesse non mantenute. Ci sono 43 milioni di euro dalla programmazione per l’economia circolare. E con i finanziamenti c’è l’opportunità di creare nuove filiere, occupazione, lavorazione di altre materie. Si pianifica un documento che delinea una strategia che è anche nazionale”.
Nel dettaglio, Priolo ha scandito che “si chiedeva di non ampliare le discariche di Castelmaggiore, Tremonti, Finale e di chiudere il termovalorizzatore di Forlì. Oggi non sono previsti flussi di rifiuti per Imola né per Finale. A chiusura del Piano, l’impianto di Imola non sarà più considerato”.
Imponente anche il Piano per le bonifiche dei siti inquinati con 27 milioni dal Pnrr, 5 da fondi nazionali Fsc e altri 17 milioni dal governo per Fidenza. “Parlare di rifiuti -ha concluso la titolare dell’Ambiente- significa parlare di gestione del territorio. Potremmo aver soddisfazione quando gli obiettivi di prossimità e autosufficienza saranno raggiunti. Se l’Emilia-Romagna trascina la crescita del sistema Paese è perché garantiamo la competitività. E se il monitoraggio del 2025 dimostrerà l’aumento dei rifiuti si fa un termovalorizzatore? No. Apporteremo correttivi se ce ne sarà bisogno, in base ai dati”.
Iter dell’Oggetto num. 5166 della XI LegislaturaProposta d’iniziativa Giunta recante: “Decisione sulle osservazioni pervenute e approvazione del Piano regionale di gestione dei rifiuti e per la bonifica delle aree inquinate 2022-2027 (PRRB)”. (Delibera di Giunta n. 719 del 09 05 22)
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