di Gianni Bessi
Pubblicato su il Messaggero.it il 10 settembre 2014
Nel provvedimento «Sblocca-Italia» è oggi condensato una parte fondamentale del progetto che nelle intenzioni del governo servirà a dare una frustata all’economia.
Al punto «Sblocca burocrazia», si parla del potenziamento dell’operatività di Cassa depositi e prestiti a supporto dell’economia. L’idea è quella di rendere la Cassa italiana sempre più simile alla Kfw tedesca. La Kfw ha una garanzia dello Stato molto ampia. I tedeschi, insomma, riescono ad emettere obbligazioni sul mercato e a raccogliere soldi presso gli investitori istituzionali per poi finanziare il sistema produttivo, a costi bassissimi potendo contare sullo stesso rating di Berlino.
La Cassa depositi quindi andrebbe analogamente a dare garanzie per fare in modo che i soldi nella sua disponibilità attraverso la raccolta del risparmio postale, che nell’ultimo bilancio ha superato i 240 miliardi, possano affluire più facilmente al sistema produttivo.
Se i soldi che la Cassa fornisce agli istituti di credito fossero garantiti dallo Stato, non assorbirebbero capitale delle banche, perché queste ultime non dovrebbero fare accantonamenti per il rischio avendo, appunto, la garanzia pubblica.
Dal mio osservatorio di amministratore che incontra il mondo imprenditoriale raccolgo comunque perplessità. La riflessione principale è che il problema oggi non è tanto la liquidità del mercato finanziario che potenzialmente c’è, grazie agli aumenti di capitale delle banche che hanno anche consentito loro di rientrare nei parametri di Basilea II e grazie ai poderosi programmi di immissione di liquidità da parte della BCE (per circa 200 miliardi).
Ora è importante che tale iniezione di liquidità serva a far ripartire l’economia. In buona sostanza deve ripartire la spirale virtuosa degli investimenti e qui diventa fondamentale l’intervento dello Stato.
Per questo la Cassa depositi e prestiti insieme al Fondo di Garanzia del Ministero dello Sviluppo potrebbero avere un ruolo importante come cabina di regia “a supporto dell’economia” dando un preciso indirizzo a questa “liquidità” per mettere in campo una politica nazionale d’investimenti per il sistema economico-produttivo.
È anche vero che lo Stato si trova a dover fare i conti con il numero magico del 3 per cento. Ma chi l’ha detto che la panacea per l’Europa deve essere il 3 per cento? Perché non il 2? O il 7? Sarebbe bello conoscere i calcoli metafisici che hanno prodotto il numero perfetto. Ma questa è un’altra storia!