di Gianni Bessi
Pubblicato su Start Magazine il 10 agosto 2018
Dopo l’analisi sul ruolo potenziale di Mosca nell’utilizzo del gasdotto Tap, nella seconda puntata della trilogia di agosto dei nuovi gasdotti europei, Gianni Bessi prende in esame un nuovo progetto: il Turk Stream Advanced
Il morboso interesse tedesco per il raddoppio del gasdotto Nord Stream che attraversa il Mar Baltico ha ridato fiato alle aspirazioni della Bulgaria di sviluppare un hub regionale di gas con l’aiuto russo. Negli ultimi dieci anni, la Bulgaria ha pagato, a causa degli incrementi delle royalties verso i paesi di transito, in media tra il 20 e il 30 per cento in più rispetto alla Germania per la fornitura del gas russo.
La Bulgaria è il Paese dell’Europa centrale e orientale culturalmente più vulnerabile a ingerenza russa per motivi storici e linguistici. Nell’ultimo periodo per amplificare la propria influenza, la Russia ha schierato una gamma di strumenti soft power, come il sostegno ai partiti politici e la propaganda mediatica, sfruttando i deficit di governance per esercitare una pressione geopolitica atta a raggiungere i propri obiettivi strategici nella regione.
La prima linea di Turk Stream è completata ed è destinata a soddisfare le necessità del mercato turco, la seconda linea sarà terminata entro novembre ed è, nelle intenzioni, destinata a collegarsi con il South Gas Corridor in direzione Italia.
A cosa potrebbero servire, eventualmente la terza e quarta linea e verso quale approdo sarebbero destinate?
Il Primo ministro bulgaro Boyko Borisov a giugno ha timidamente riproposto a Putin, lo scorso mese di giugno, l’idea di costruire un hub del gas balcanico nei pressi della città di Varna, come originariamente in programma fino alla cancellazione del progetto South Stream nel dicembre 2014. Borisov aveva sperato che la Commissione Europea e Gazprom giungessero, alla fine, ad un accordo sulla conformità del progetto alle leggi dell’UE e che la Bulgaria diventasse un importante paese di transito per il gas naturale russo beneficiando delle promesse di Mosca di prezzi bassi, grandi investimenti (vedi la mai terminata centrale nucleare di Belene il cui progetto il terzo gabinetto di Borissov si sta preparando a rilanciare dopo aver presentato una mozione in Parlamento per revocare la moratoria 2012 sulla costruzione dell’impianto) e creazione di nuovi posti di lavoro.
La maggior parte del progetto Hub prevede la modernizzazione delle infrastrutture di gas esistenti e la costruzione di un nuovo gasdotto lungo il medesimo percorso di South Stream. Al fine di approvarne il progetto, la Commissione Europea ha però stabilito che la Bulgaria divenga un commerciante di gas e non funga da paese di mero transito verso clienti, garantendo almeno tre diverse fonti di approvvigionamento di gas naturale per il potenziale Balkan gas Hub (nda fonte del 27 giugno).
Sofia quindi per aggirare i veti di Bruxelles sta spingendo su Gazprom per ottenere un accordo fotocopia di quello tedesco e garantirsi la realizzazione di due nuove linee di gas nel caso in cui la tenacia del Cancelliere Merkel porti al via libera autorizzativo per il NS2. In questo caso cadrebbero analogamente anche le pretestuose condizioni ostative del 2014 e potrebbe essere riproposto il percorso originario, con un ramo offshore del gasdotto già attualmente in fase di realizzazione, attraverso il Mar Nero tra Russia e Turchia. Il governo bulgaro ha timidamente iniziato i sondaggi con la Russia sul potenziale della riproposta di South Stream nel 2017, come la denominazione di Turk Stream Advanced.
Tra le opzioni, la più caldeggiata è la realizzazione della terza e quarta linea offshore di TurkStream che dovrebbero deviare nel Mar Nero a NO al Km 730 in direzione Varna (percorso già ingegnerizzato come SS), località in cui verrebbe costruito un grande impianto di stoccaggio e pompaggio del gas.
Sulla possibilità di rinascita di South Stream, Putin ha detto che “la Russia è pronta per la nuova rotta”. Ha dichiarato inoltre che il potenziale passaggio di Turk Stream II attraverso la Bulgaria è già stato discusso con la benedizione del presidente turco Erdogan.
Opzioni alternative per l’esportazione del gas russo in Europa potrebbero contemplare l’utilizzo della capacità di altri gasdotti. Ma nessuna di queste scelte sarebbe vantaggiosa per la Bulgaria.
Gazprom ha già indicato di volere approfittare della direttiva UE sul gas riservando capacità per i fornitori di gas di terze parti in tutti i gasdotti europei.
Tuttavia, la capacità iniziale del TAP di 10 BCM è esentata dal regolamento UE per 25 anni; e quando sarà ampliato a 20 miliardi di BCM in futuro, solo la metà saranno disponibili per i fornitori alternativi.
Questo rende l’opzione bulgara più valida per Gazprom soprattutto perché il governo bulgaro, memore dell’occasione perduta con South Stream Pipeline, è ansioso di avere una seconda chance di negoziare la materia con l’UE e soddisfare al contempo le richieste di Mosca.
I risultati preliminari di questa analisi da parte di EU Consult sono stati presentati a Bruxelles nel giugno scorso.
La relazione sostiene che 11 paesi sono concretamente interessati allo sviluppo di un hub di gas balcanico.
Le forniture di gas proverrebbero da tre fonti: Russia, Azerbaigian (via interconnecting turco) e da piccoli quantitativi di produzione locale di gas in off shore bulgaro e rumeno.
Affinchè le tessere del puzzle si combinino nel progetto di metanizzazione dei Balcani, il gasdotto attraverso il quale il gas russo raggiungerà i consumatori europei prevede la costruzione da parte di “Gastrans”, ex “South Stream d.o.o.” proprietà mista russo-serba, l’attraversamento della Serbia seguendo il percorso originariamente previsto per il gasdotto South Stream con l’ingresso in Serbia a Zaječar.
Per gli amanti delle coincidenze la capacità di tale gasdotto sarebbe di 15,75 miliardi di metri cubi l’anno (la capacità di un unico linea di “Turk Stream” è di 15,75 miliardi di metri cubi di gas l’anno…) ed il relativo studio di fattibilità, per valutare la possibilità effettiva per una sezione lunga 421 chilometri partendo dal confine bulgaro fino al confine con l’Ungheria, è stato appena assegnato da Gazprom alla nostra Saipem (probabilmente anche per tentare di mitigare il contenzioso che ancora le vede contrapposte per la risoluzione del contratto South Stream a fine 2014).
È previsto dalla Serbia il collegamento per la Croazia mediante un LEG gasdotto di 52 chilometri e per la Republika B&H. di 105.
Nel frattempo i bulgari stanno negoziando per costruire una LEG verso la Macedonia.
I russi, ovviamente, ora sono cauti e non vogliono che queste capacità di trasporto del gas si presentino come loro gasdotti sui territori stranieri, per non contravvenire alle direttive UE.
A tal fine il 51% delle società che gestiranno le attività finalizzate alla costruzione e trasporto del gas saranno di proprietà di compagnie nazionali, magari con un sistema di finanziamento come quello della partecipata Gastrans d.o.o.
Finora la Bulgaria ha un contratto con il Consorzio Shah Deniz per la consegna di solo 1 BCM di gas azero. Questo volume può crescere in futuro ma è improbabile che raggiunga 15 BCM per far corrispondere le quantità di gas naturale russo che Sofia sta negoziando con Gazprom.
Quindi, le linee di gas della Bulgaria dovranno essere alimentate con gas russo.
Risulterebbe di fatto impossibile per la Commissione EU opporsi alla richiesta bulgara di un hub regionale di gas qualora Gazprom risulti autorizzata a costruire il gasdotto Nord Stream 2.
L’indecisione dell’Unione Europea in merito all’espansione del North Stream nel Baltico sta fissando un precedente che quasi inevitabilmente sarà seguito sul Mar Nero. Ma del North Stream il network di House of Zar se ne occuperà nella prossima puntata.