Pubblicato da Formiche.net del 14 luglio 2017
L’articolo di Gianni Bessi, consigliere Pd nella Regione Emilia Romagna
Le agenzie hanno battuto la notizia che l’Ungheria ha firmato accordi con Gazprom per assicurarsi l’approvvigionamento di gas, per stare dalla parte del sicuro nella corsa all’oro azzurro dei prossimi anni. E la stessa mossa l’hanno fatta i Paesi confinanti: il Ministro dell’Energia Bulgara ha incontrato il CEO di Gazprom nel tentativo di recuperare le quote di gas originariamente previste dall’abortito pipeline South Stream, mentre la Romania chiede garanzie alla Russia sui rifornimenti via tubo (e ciò nonostante le intense campagne attivate per recuperarne dai giacimenti off shore con la messa in produzione delle concessioni Exxon e OMV/Petrom).
L’infrastruttura che risponderà a queste esigenze è il sealine Turkstream che ha una portata di 31,5 miliardi di metri cubi all’anno e la cui posa nel Mar Nero è in stato di avanzamento. I russi, con lungimiranza, hanno già pensato ad un sistema di linee (2 + 2) per raddoppiare la portata per soddisfare i desideri dei paesi dell’Europa sud orientale con grande vantaggio nelle tempistiche di realizzo.
Il Turkstream non è solo una pipeline ma anche una “narrazione” di una nave gigantesca, la Pioneering Spirit, che è possibile ammirare all’opera grazie a un documentario realizzato da Discovery Channel. Un’immagine su tutte: quando passa maestosa sotto il ponte dello stretto del Bosforo per andare a iniziare la sua missione: la posa dei 900 km di tubi nel tratto offshore marchiati 100% Gazprom.
Quando il lavoro in mare sarà terminato, la costruzione del gasdotto procederà sulla terraferma alla frontiera fra la Repubblica di Turchia con i Paesi limitrofi e porterà il marchio Gazprom&Botas (compagnia petrolifera turca). Che destinazione avrà questo segmento del Turkstream, che ha una portata di 15.75 miliardi di metri cubi all’anno per singola linea? KiyiKoy, cioè il terminale di ricezione e stazione di compressione sulla costa della Tracia turca sul Mar Nero. Dove sarà costruita una connessione con la rete del gas a Luleburgaz (per il mercato turco) e più in là fino al confine Greco per proseguire per altre destinazioni. La domanda è se questa ‘stazione a terra’ sarà sufficiente per coprire una buona parte della crescita di consumi dei Balcani prevista per il prossimo ventennio.
La risposta è positiva a patto che vengano mantenuti gli impegni che i vari potenziali clienti del Sud Europa stanno sottoscrivendo con il colosso energetico russo e se l’Ue, nell’intenzione di favorire altri Paesi in termini di sviluppo e fornitura, non si inventerà nuove sanzioni o prescrizioni di carattere protezionistico.
In ogni caso, in questa geopolitica del tubo, anzi dei nuovi tubi, il Turkstream è destinato a essere il corridoio sud per bypassare l’Ucraina, con la Grecia che si candida sempre più a svolgere il ruolo di Hub per l’approvvigionamento Europeo (vedi Tap o sviluppi del ESTMED). In quest’ottica va considerato il progetto per un futuro rigassificatore offshore al largo di Alexandroupolis nel nord est del Paese, al fine di concretizzare un’ambizione al protagonismo nella corsa al gas che è sempre meno nascosta.
La corsa all’oro azzurro, a fronte della continua crescita dei consumi e, conseguentemente, della sua importazione dai Paesi produttori, pare stia contagiando in ugual maniera tanti stati, dal grande Dragone cinese di Xi Jinping alle piccole vallate magiare di Victor Orbán.
Del resto tutti concordano che l’obiettivo è ridurre l’inquinamento dell’aria nei grandi centri urbani, come il nuovo patto per l’ambiente di Parigi testimonia e che è stato rifiutato solo da “zio Donald“. La mobilità elettrica è in crescita, la posizione della Francia è chiaramente verso un Paese che funzionerà tutto a elettricità. È però determinante che questa ingente quantità di elettricità non sia prodotta dal carbone ma da fonti pulite: questo spiega il ruolo crescente del gas e le scelte politiche per accaparrarselo. Stiamo assistendo a una ‘rivoluzione’ e non sono il solo a dirlo. Anzi sono in buona compagnia di personaggi come Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Iea, l’Agenzia internazionale dell’energia.
La sfida che trasmettono gli ‘episodi’ della ‘saga dei gasdotti’ che sto modestamente proponendo riguarda come il gas verrà approvvigionato. Nel 2040 il 53% dello scambio sarà rappresentato da GNL e il 47% arriverà via pipeline. Ecco perché dal permafrost si diramano sempre nuovi tubi, o perché sempre più gasiere Stars&Strips solcano i mari. E per chi è distratto? Ca va sans dire, sarà la crescita dei costi al consumo a fronte di una bolletta sempre più cara.