Intervento su Formiche.net del 13 aprile 2015
L’Italia ha grandi risorse nel campo delle estrazioni di petrolio e gas naturale – per regolamentare le quali ha tra l’altro messo a punto normative tra le più rigorose a livello europeo – ma nonostante ciò, in questo momento sono pressoché inesistenti investimenti sul mercato interno. A causa di questa carenza d’investimenti, l’oil&gas italiano rischia di non avere futuro, il che sarebbe un danno incalcolabile non solo per il settore in sé, ma anche per l’economia del Paese, se si considera l’effetto di “trascinamento” della filiera italiana dell’impiantistica e componentistica.
Inoltre, verrebbe ridimensionata anche l’attività di ricerca collegata alle attività della filiera: per esempio quella sulle tecnologie per rendere sempre più sicure le operazioni di estrazione, in particolare quelle che riguardano il gas. Ciò che va evidenziato – ed è stato fatto recentemente durante l’edizione 2015 dell’Offshore Mediterranean Conference di Ravenna, che ha fatto registrare 21mila presenze, 687 aziende rappresentate e 1.300 delegati da ogni parte del mondo – è che stiamo mettendo all’angolo un settore d’eccellenza del nostro Paese: eccellenza che gli deriva da numerose aziende all’avanguardia, in particolare quelle subcontrattattiste della cantieristica off shore e on shore.
Basta un dato per chiarire l’importanza della filiera: la meccanica strumentale – parliamo di motori a combustione interna, di turbine, di macchinari per l’industria chimica, petrolchimica e petrolifera, di sistemi robotizzati per l’industria – costituisce oltre il 30% dell’export verso l’Egitto, che è il secondo produttore di gas africano. Proprio l’Egitto, insieme a Malta, è stato meta di una visita ufficiale del primo ministro Matteo Renzi, che sta dimostrando grande considerazione per lo sviluppo delle relazioni internazionali che possono crearsi grazie al settore energetico.
L’Italia ha bisogno di energia, come ogni Paese moderno e sviluppato, ed è in grado di produrla: come ha recentemente ricordato in un convegno dell’Aspen Institute l’amministratore di Eni, Claudio Descalzi, “in base agli studi si può raddoppiare la produzione nazionale con investimenti di 15-18 miliardi. Penso che con le nuove regole potremo farlo”. C’è bisogno di far lavorare le imprese che operano nel settore. Ci troviamo a un punto cruciale: decidere se mantenere un ruolo di primo piano in un settore strategico, oppure scivolare nell’irrilevanza, con conseguenze negative anche per l’occupazione e la ricchezza dei nostri territori.
Ultimamente le scelte che sono state fatte in Parlamento vanno verso quest’ultimo scenario: un esempio è la recente approvazione dell’emendamento che proibisce l’air gun, una tecnologia di esplorazione utilizzata in tutto il mondo, anche per fini scientifici, che sarà proibita solo in Italia.
Come invertire la rotta? Il Governo dovrebbe – a fianco dello Sblocca Italia – riflettere sull’opportunità di introdurre misure che aiutino le imprese subcontrattattiste della cantieristica offshore e onshore a fare rete (che in questo caso coincide con il “fare business”), per trovare strumenti di coordinamento commerciale, condividere le infrastrutture, individuare tecnologie e innovazioni insieme al mondo accademico.
E anche a collaborare per sostenere i costi di ricerca e sviluppo, così come per coordinare e indirizzare in loco gli investimenti a sostegno di un nuovo piano industriale ed energetico nazionale. Il che significa investire nel futuro scientifico, tecnologico e innovativo del Paese.
Esiste un’Italia fatta di imprese moderne e competitive che non si arrende ed esprime, quando è in grado di testimoniarlo, una volontà chiara e forte: lavorare anche nel loro Paese.