Dal Pd di Ravenna uno schema per vincere i referendum
di Raffaele Porrisini
“Italia Oggi” 31 maggio 2016
Le elezioni amministrative non gli interessano più di tanto, proiettato com’è verso il referendum costituzionale di ottobre al quale ha legato la sopravvivenza politica del suo governo. Forse anche per questo in occasione della chiusura di questa campagna elettorale il premier Matteo Renzi ha scelto un palcoscenico inatteso e diverso dal solito: l’Emilia-Romagna.
Prima Bologna, poi Rimini, infine (e soprattutto) Ravenna. Niente comizi nelle piazze dei principali capoluoghi al voto, Milano o Roma che siano poco importa. Nemmeno Torino. Meglio rifugiarsi a Bologna e negli altri centri romagnoli, dove la vittoria del suo Pd è molto più a portata di mano che altrove (ad esempio rispetto alla capitale).
Ma non c’è solo una ragione di mera comodità elettorale a spingere Renzi verso l’inaspettata decisione di chiudere la campagna elettorale nelle province romagnole, dove si farà vedere nel pomeriggio e nella serata di venerdì 3 giugno. Non c’è solo il fatto che per i candidati del Pd a Bologna, Rimini e Ravenna (Virginio Merola, Andrea Gnassi e Michele De Pascale) l’elezione a sindaco non pare affatto una chimera e quindi su di loro è più facile metterci la faccia rispetto a un Roberto Giachetti o un Beppe Sala che sono molto più a rischio. In Emilia-Romagna, e a Ravenna in particolare, c’è quel Pd che non lo ha abbandonato al referendum sulle trivelle, vinto dal premier e dai suoi grazie al mancato raggiungimento del quorum che ha lasciato con un pugno di mosche i vari Michele Emiliano e soci. A Ravenna, ad esempio, c’è uno dei distretti dell’offshore più importanti d’Italia con tanto di piattaforme dell’Eni, ci sono circa 6mila lavoratori dell’indotto di questo settore che hanno chiesto al governo di tutelarli dall’ambientalismo spinto che voleva mandare all’aria i loro posti; a Ravenna e in tutta la regione ci sono i sindacati confederali che non hanno seguito la linea del sì al referendum per chiudere le piattaforme. A Ravenna e in Emilia-Romagna c’è il Pd di governo che lo ha seguito in questa linea referendaria di astensione, a partire dal governatore Stefano Bonaccini. E, infine, a Ravenna ci sono quei lavoratori delle piattaforme che hanno invitato il premier a mangiare le cozze prodotte proprio nei fondali delle cittadelle dell’energia in mezzo al mare, e ai quali lo stesso Renzi aveva risposto dicendosi pronto ad andarli a trovare per festeggiare con loro il risultato referendario e quindi la salvaguardia dell’occupazione. Detto e (quasi) fatto, venerdì a Ravenna potrebbe spuntare una delegazione di lavoratori delle piattaforme con tanto di cozze da fare gustare al premier.
Quanto accaduto sul referendum delle trivelle è un modello che Renzi e il suo staff vorrebbero replicare nella sfida referendaria della riforma costituzionale. Coinvolgere la base dal basso, rispondere alle campagne mediatiche degli avversari sui social e non solo, lanciare il messaggio di un Pd lontano da certi populismi. Tra gli ispiratori di questa strategia che ha portato al flop del referendum sulle trivelle c’è il consigliere del Pd in Emilia-Romagna Gianni Bessi, un ravennate di estrazione prodiana, divenuto punto di riferimento nazionale del partito sulle questioni energetiche. Come ha scritto su Formiche.net, Bessi sta lavorando per ripetere la mobilitazione dal basso ottenuta sul tema trivelle anche sul referendum costituzionale, convinto che si debba «spostare una possibile ‘deriva’ del confronto sul referendum dal merito del quesito verso un voto pro o contro Renzi. In questa direzione – aggiunge Bessi – lo strumento più efficace è la creazione di strumenti, slogan, slide e iniziative ad hoc per spiegare i contenuti del quesito referendario e contribuire a un risultato che sia frutto di scelte consapevoli e non ideologiche. Inoltre, questa esigenza di protagonismo dal basso deve essere organizzata e convogliata con modalità diverse dei ‘tradizionali’ comitati per il Sì legati alla strategia politica dei partiti».