di Gianni Bessi

Pubblicato su ilmessaggero.it il 17 settembre 2014

Il premier Matteo Renzi andrà a Baku, in Azerbaigian il 20 settembre per dare il via libera, sono le sue parole, «alla realizzazione dell’imponente gasdotto Tap da 10 miliardi di metri cubi di portata, che dalla fine del 2019 trasporterà il gas Azero in Italia».
Un viaggio importante, non solo perché il gas prodotto dalla repubblica azera è una grande opportunità per il nostro paese in termini di approvvigionamento energetico, ma anche perché il premier potrà incontrare le imprese italiane che lavorano alla realizzazione dell’importante infrastruttura.


Una di queste, la Fratelli Righini ha costruito diverse attrezzature che serviranno a Saipem per la realizzazione del Progetto SHAZ DENIZ 2, campo offshore da cui verrà estratto il gas trasportato dal gasdotto TAP. La Fratelli Righini fa parte del distretto Oil&Gas Offshore Ravennate, quello che meglio conosco perché è dove vivo e lavoro.Questo distretto, unico in Italia per tradizioni e competenze, comprende realtà industriali all’avanguardia nella progettazione e costruzione di piattaforme marine, impianti di processo, mezzi navali, attrezzature e servizi. Il settore dell’offshore e della cantieristica a Ravenna può contare infatti – solo per citarne alcune – diverse imprese di caratura internazionale quali: Bambini, Cosmi, Micoperi, Rosetti Marino e Tozzi-Comart. Non è un caso che proprio Ravenna ospiti dal 25 al 27 marzo 2015 – OMC – l’Offshore mediterranean conference and exhibition, un appuntamento con oltre 13.000 visitatori, in cui i 550 espositori del settore Exploration and production provenienti da 30 paesi diversi e i rappresentanti dei governi si incontrano per confrontarsi sulle strategie da seguire, sulle opportunità e anche per stringere accordi di collaborazione.Ma l’offshore italiano non è, ovviamente, solo Ravenna. Per comprendere il ‘peso’ di questo settore a livello nazionale basta leggere il Decreto ‘Sblocca Italia’: nei 17 miliardi previsti, facendo un’ipotesi che tiene conto delle esperienze passate, potrebbero rientrare le attrezzature e gli impianti per tre tipi di attività, l’esplorazione a terra e a mare (circa 1 miliardo), lo sviluppo/produzione a terra e a mare (circa 14 miliardi), la creazione di strutture per lo stoccaggio del gas utilizzando giacimenti esausti a terra (ca. 2 miliardi).La realizzazione di una nuova piattaforma offshore, quindi, del costo di circa 1 miliardo, prevede vari capitoli di spesa tra cui tutte le strutture metalliche completamente realizzate in Italia, 50 milioni circa per i compressori (che sono costruiti quasi tutti dalla Nuovo Pignone-GE di Firenze), 10 milioni per lo smaltimento dei fanghi di perforazione (settore di cui è leader l’AVA SpA di Roma), 40 milioni per l’attività di logging, cioè i test di perforazione e produzione (in Italia abbiamo 6-7 società che se ne occupano, di cui tre intorno a Pescara), 200 milioni per i tubi, tra materiale e la loro posa con coibentazione e protezione (attività in cui sono attivi diversi soggetti, compresa la Saipem o la Micoperi).
In sintesi, in Italia sono operative imprese ad alto ‘contenuto tecnologico’ che coprono tutta la filiera. Già in passato il settore dell’E&P è stato una delle attività da cui è nata una classe di lavoratori specializzati, preparati, orgogliosi che hanno portato la capacità professionale e il know how italiani in tutto il mondo: può esserlo anche oggi perché le filiere delle E&P estrazioni oil&gas, cioè le compagnie petrolifere, e dell’offshore con la costruzione di grandi opere “high-tech manufacturing” sono lunghissime. E in quest’ultimo caso la componentistica necessaria per la realizzazione di impianti e di prodotti sono per il 95% “Made in Italy”.
Date queste premesse, sarebbe importante, quindi, che il prossimo anno a marzo il presidente Renzi, così come è andato a Baku, venisse a Ravenna a incontrare le realtà che da decine di anni stanno continuando a tenere alto il prestigio italiano all’estero nel settore offshore. Perché in nessuna altro luogo come all’Offshore Mediterranean Conference è chiaro che, per usare una frase che sta diventando di moda adesso, ‘energy never sleeps’. Il che significa non solo che l’energia è ‘con noi’ in ogni momento della giornata, che è un elemento insostituibile per la nostra vita, ma anche che non ci si può fermare nella ricerca di fonti energetiche, tradizionali e alternative.
La ricerca di innovazione dello sviluppo industriale italiano, la costruzione di un mix virtuoso di fonti energetiche tradizionali e rinnovabili è possibile solo a patto di sostenere le aziende che operano e fanno ricerca in questo settore. E il modo migliore per sostenerlo è permettere alle imprese di utilizzare le competenze dove è più utile. Anche nel nostro Paese dove, come ho ricordato più volte, c’è una grande opportunità costituita dai giacimenti dell’Adriatico: che la Croazia sta già sfruttando.
La geopolitica ci insegna che sul tema dell’energia si gioca il futuro delle nazioni: ecco perché la Russia e la Cina hanno deciso di avviare i lavori di costruzione del gasdotto “Forza della Siberia”, un’intesa che vale 400 miliardi di dollari. Ecco perché l’Europa, dopo la crisi Ucraina, ha compiuto la scelta di elaborare una ‘European Energy Security Strategy’: per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico con la produzione locale di energia puntando sia sulle rinnovabili che sulla ‘produzione sostenibile di combustibili fossili’, a cominciare dal gas metano.
Il Decreto ‘Sblocca Italia’, contiene già tutti gli elementi che servono per utilizzare questa opportunità di sviluppo, per attuare la strategia europea e diretta a dare una spinta all’economia italiana con una ricaduta virtuosa non solo dal punto di vista dell’approvvigionamento energetico, ma anche dello sviluppo dei territori. Che è quella che serve adesso, ricordando le parole con cui Matteo Renzi è intervenuto alla Fiera del levante di Bari, «l’Italia non è ancora ripartita». Le condizioni e gli strumenti ci sono. Usiamoli.