Pubblicato su startmagazine.it l’11 febbraio 2021

di Luigi Pereira

Ministero della Transizione ecologica: fatti, sfide e scenari. Conversazione di Start Magazine con Gianni Bessi, consigliere regionale Pd dell’Emilia-Romagna e autore nel 2020 di “House of zar. Geopolitica ed energia al tempo di Putin, Erdogan e Trump” (goware edizioni)

Il ministero della Transizione energetica? “È una buona idea, ma dipende anche come sarà declinata nel concreto. Il punto forse decisivo nei confronti della transizione energetica e ambientale è il gap tra i tempi teorici, che diventano spesso retorici, e i tempi pratici. Comunque, bastasse creare un ministero per risolvere i problemi… Grillo ha fatto bene a fare la proposta, perché così può continuare a interpretare il ruolo di demagogo, che gli calza a pennello. Ma confido che gli italiani abbiano imparato che la realtà è comunque più dura…”.

E l’opinione di Gianni Bessi, consigliere regionale Pd dell’Emilia-Romagna e autore nel 2020 di “House of zar. Geopolitica ed energia al tempo di Putin, Erdogan e Trump” (goware edizioni), sul tema al centro del dibattito politico in vista della nascita del governo Draghi: “Il presidente del Consiglio incaricato ha comunque detto a Grillo che il ministero della Transizione non gestirà i fondi del Recovery”.
Bessi, uno dei temi che il governo Draghi dovrà affrontare è dunque quello della politica energetica nazionale. Come si immagina si muoverà il nuovo esecutivo?

Intanto dovrà passare lo scoglio della piattaforma Rousseau, che prende il nome da un filosofo che se ben ricordo auspicava un ritorno allo ‘stato di natura’ come presupposto per ritrovarsi in una condizione di libertà e saggezza. Speriamo… Comunque mi aspetterei da Mario Draghi, per usare una parola popolare di questi tempi, una discontinuità rispetto al precedente governo.

Di che tipo?

Visti i richiami all’europeismo e all’atlantismo, rimettere sul tavolo alcune scelte che sono state rigettate o congelate dal Conte bis: una su tutte, la realizzazione dell’impianto di cattura e stoccaggio della CO2 di Ravenna. La CO2 sta diventando centrale nelle politiche energetiche mondiali, basta vedere a che livello è arrivata la speculazione sul suo prezzo.

A cui lei tiene molto.

Non solo io. Anche l’Ue ha deciso di sostenere questo tipo di progetti. Non lo dico io ma Frans Timmermans, il vicepresidente della Commissione europea con delega al Green Deal. E credo Mario Draghi sappia molto bene che il Next Generation dell’Ue prevede che la ricerca di fondi di reddito per rimborsare la parte di prestito, circa metà del budget, avvenga proprio utilizzando meccanismi di adeguamento delle emissioni di CO2 alle frontiere. E anche il resto del mondo si sta muovendo in questa direzione.

Mario Draghi si sarebbe convinto a prevedere nel governo un ministero della Transizione ecologica. Cosa ne pensa?

È una buona idea, ma dipende anche come sarà declinata nel concreto. Se potessi suggerire al futuro presidente del Consiglio un identikit del ministro alla transizione energetica gli direi che serve qualcuna o qualcuno che sappia guardare oltre la convegnistica, i luoghi dove si dibatte ma non si decide, tanto per capirci. Perché il punto forse decisivo nei confronti della transizione energetica e ambientale è il gap tra i tempi teorici, che diventano spesso retorici, e i tempi pratici.

E quindi?

Mario Draghi dovrebbe mettere sul tavolo subito un piano per il transito verso l’utilizzo dell’idrogeno. E anche come intendiamo muoverci per non sprecare le infrastrutture italiane, che sono di grande prestigio. Ritengo che sarebbe sbagliato cullarsi su obiettivi a medio lungo termine dimenticandoci delle grandi opportunità di breve periodo, quali il gas nazionale, le biomasse, il WTE, ecc…

E poi c’è il, tema di come fare funzionare il sistema industriale italiano.

“E in questo caso serve rilanciare il tema dell’efficienza energetica: qual è il combustibile economicamente più conveniente e ambientalmente più efficace? Sto indicando una serie di scelte strategiche che debbono essere l’ossatura della transizione energetica basata sul mix gas e rinnovabili. Non dimentichiamoci che in questo momento nell’Ue si sta discutendo sulla possibilità di allargare e rinnovare l’ETS, cioè il sistema di scambio di quote di emissione dell’Ue”.

Insomma, serve un green deal all’italiana.

Sì anche perché, è una cosa che non capisco, forse perché sono ingenuo, la politica energetica di Biden va bene, il green deal della Von Leyen anche di più ma poi quando si tratta di fare le stesse scelte in Italia… La pratica della transizione e della capacità di un sistema industriale di produrre tecnologie pratiche e concrete sembrano non essere recepiti da una certa politica nostrana.

Bisogna muoversi, quindi, perché gli attori del mercato dell’energia non stanno certo fermi.

Esatto. Pensiamo al prezzo del petrolio, che dopo il crollo del 2020 a causa della guerra tra lo Russia e Arabia saudita, ma anche a causa della pandemia, da due mesi è tornato a essere ‘rialzista’. Ed è una notizia perché è sulla parte fisica del mercato. In Arabia saudita, nonostante i tagli già in programma dopo gli accordi Opec plus, l’ammiraglia energetica del paese cioè l’Aramco ha deciso di rimettere in produzione oltre 50 impianti del golfo persico, dei 200 tenuti ‘dormienti’. L’operazione avrà tempistiche non immediate e non segnala una speculazione ribassista a fini finanziari ma fa nascere una certa aspettativa di movimento del mercato fisico.

I movimenti finiscono qui?

“Per niente. Restando in zona, il Qatar, massimo produttore mondiale di GNL, avvia il cantiere del maxi progetto da 28 miliardi di dollari per aumentare del 40% il proprio maxi export. E tale progetto è accompagnato da un ambizioso e gigantesco impianto di cattura stoccaggio di CO2 per ridurre l’impatto della CO2 generata. GNL decarbonizzato anche per il mercato Ue”.

E poi c’è la lotta per primeggiare nella commercializzazione del Gnl, non pensa?

Se parliamo di export di GNL, poi, non possiamo non seguire l’attualità e andare a guardare cosa farà l’amministrazione Biden. Il neopresidente Usa ha già incaricato la segretaria dell’energia Jennifer Granholm di ribadire di fronte al Senato che GNL e CCS saranno parte integrante della futura politica della nuova amministrazione democratica nel campo della transizione energetica: una strategia, quindi, non così differente da quella adottata da Trump. Dietro la decisione c’è la conoscenza che Joe Biden, un politico con oltre 40 anni di esperienza ai massimi livelli, ha del dossier monster che denuncia l’esposizione bancaria del sistema dello shale gas Made in Usa.

Ora la palla dovrebbe passare al ministero della Transizione energetica.

Sì, visto che a quanto pare subito dopo l’annuncio sono già partite discussioni e narrazioni, quasi che bastasse creare un ministero per risolvere i problemi. Fosse così facile… Del resto Grillo ha fatto bene a fare la proposta, perché così può continuare a interpretare il ruolo di demagogo, che gli calza a pennello. Ma confido che gli italiani abbiano imparato che la realtà è comunque più dura…