Pubblicato su Startmagazine.it il 3 ottobre 2020
di Gianni Bessi
Continua il viaggio nello Zeitgest dell’Europa, durante il semestre europeo a presidenza di Angela Merkel.
Lasciandoci alle spalle il fiume Meno e l’aria carica di preoccupazione che si respira nei piani alti delle torri unite della Banca Centrale Europea, la prossima tappa obbligatoria del nostro viaggio nello Zeitgest europeo dell’economia — e non solo — ci ha portati ad assistere al primo discorso di Ursula von der Leyen sullo Stato dell’Unione all’europarlamento a Bruxelles.
Obiettivi opportunità comuni per tutti i cittadini membri dell’Unione europea: “Essere pronti a costruire un nuovo piano atlantico”, pare la missione che Ursula von der Leyen, almeno stando a quanto ha risposto al Financial Times, intende portare a buon fine, usando come stella polare l’idea di una futura politica unitaria della sanità europea.
Una nazione, un popolo, una civiltà hanno bisogno di qualche nucleo di aggregazione per riconoscersi come tali. In passato questa funzione è stata garantita in vari modi e con strumenti molteplici. Un po’ di storia. L’Europa ha recuperato la sua tradizione e le sue tendenze unitarie passando attraverso un calvario storico, sociale e culturale: è stata capace di ricostruire sulle macerie lasciate dal nazifascismo e dalla Seconda Guerra Mondiale affrontando la divisione dei due blocchi della guerra fredda e la lotta al comunismo. La ricerca della pace europea ha potuto contare su un collante storico fortissimo qual è appunto l’impulso alla ricostruzione dopo la più grande tragedia, in termini di vite umane, della storia dell’uomo.
Una delle intuizioni dei Padri fondatori europei fu il superamento della contesa per la gestione delle materie prime, l’acciaio e il carbone, come stimolo economico per aiutare i primi passi della neonata comunità. È stato il cuore delle future opportunità di crescita e di sviluppo di ciascun paese e ha permesso di gettare le basi di concordia tra molte nazioni. Da questa scelta derivò prima la Ceca, poi la Cee e infine l’attuale Unione Europea.
Ursula Gertrud von der Leyen, figlia di Ernest Albrecht già presidente del grande Bundslander della Bassa Sassonia, è una donna dalle solide radici europee visto che trascorse gran parte della sua infanzia in Belgio, dove frequentò la scuola europea di Bruxelles, imparando così anche la lingua francese.
I suoi solidi principi sul compito di un ente di governo sono testimoniati in qualche modo anche dal cognome del marito: Von der Leyden richiama la tradizione degli Junker prussiani dove, come teorizzato dal grande sociologo Norbert Elias nel suo libro “I tedeschi”, da cui deriva la peculiarità del popolo tedesco e ne marcano le differenze di lungo periodo con gli altri Paesi europei.
Viene da chiedersi se Ursula abbia appreso la lezione nel modo corretto, cioè che la scelta di un obiettivo aggregante è uno scopo e non una semplice reazione.
Su questo tema incardinato nella cultura luterana, risponde il mio collega di analisi e riflessioni Filippo Onoranti: il collegamento è con lo spirito della Riforma che è sempre riuscito a essere più intenso, profondo e incisivo rispetto all’ovvia reazione di difesa dello status quo. Individuare un nemico è politicamente e pragmaticamente meno efficace che concentrarsi su uno scopo.
Il welfare europeo, emblematicamente rappresentato dall’obiettivo di un’unità sanitaria europea, intesa come un nuovo standard di civiltà e di benessere sostenibile, aperto a tutti e che sia di ispirazione anche oltre i confini del vecchio continente, è forse la risposta più moderna e adeguata alle sfide del tempo che siamo stati capaci di produrre.
Per questo la leader europea dichiara l’allineamento nei progetti di spesa del Recovery Fund, con quanto già espresso dalla collega Angela Merkel in materia di sovranità digitale, e che abbiamo avuto il piacere di ascoltare nel nostro viaggio.
Ursula von der Leyen non solo grazie a una solida attività politica a fianco di “das Madchen” (già ministra della Famiglia; del Lavoro e affari sociali; della Difesa) e a una formazione che spazia dagli studi di economia alla London School a quelli in Medicina, sa che un progetto che abbia come obiettivo uno standard di salute elevato per tutto il popolo europeo non può che essere anche green e digitale.
Infatti il piano per lo sviluppo dell’Europa è questione che riguarda la possibilità di tutti e di ciascuno di raggiungere la possibilità di autodeterminarsi al massimo grado consentito dalla nostra civiltà. La salute, sancisce l’Oms, è una condizione di equilibrio bio-psico-sociale, riguarda cioè tanto il corpo, quanto la qualità e la soddisfazione che si può trarre dalle relazioni con gli altri e dalla percezione delle nostre opportunità.
Anzi il “Dobbiamo costruire un’unione della sanità” non riguarda solo l’Europa ma tutto il pianeta, che tra l’altro è stato appena colpito dalla prima pandemia globale del terzo millennio. E la von der Leyen rilancia il tema con una sorpresa per noi gradita: il nostro Paese verrà candidato a ospitare il vertice globale sulla salute. Date e luogo non sono stati ancora definiti ma l’anno prossimo la presidenza del G20 sarà italiana, come sarà anche l’ultimo anno del mandato di presidente della nostra repubblica di un altro europeista convinto, Sergio Mattarella. Tre indizi fanno una prova, insegna il tenente Colombo: l’investitura vale per il primo ministro Conte il prosieguo della legislatura e un’ulteriore spinta per un’adesione dell’Italia al Mes le cui risorse dovranno servire ad adeguare il nostro sistema sanitario agli obiettivi dell’unione europea.
Un’ultima annotazione. La questione migratoria si ferma a un compromesso e lascia qualche perplessità per la stabilità dei confini dell’Europa meridionale. Così come non mancano tensioni ai confini settentrionali, causa la Brexit e gli irrisolti accordi che la riguardano; stessa cosa per quelli orientali, dove è scoppiato il bubbone Bielorussia e la Russia non ci fa mancare episodi da spy movie degli anni 60, con i fatali tentativi di avvelenamento dei leader dell’opposizione allo Zar Putin. Questi fatti chiamano l’Europa a trovare un’unità politica maggiore per quanto riguarda gli affari internazionali, con conseguenti scelte che vadano oltre gli interessi dei singoli Stati. E qui è facile individuare il riferimento a un gasdotto a cui mancano pochi chilometri per essere terminato. Per tentare di capire cosa si sta muovendo ci affideremo ancora una volta alla mosca, che è la protagonista dei racconti su Start Magazine, poi raccolti nel libro “House of zar” pubblicato da goWare edizioni: il nostro amico insetto prossimamente visiterà, ovviamente nascondendosi sapientemente sui muri, un cantiere navale in un’isola al nord della Germania
Il viaggio continua.