Pubblicato su StarMagazine.it il 5 luglio 2020
Il post di Gianni Bessi – autore di “House of zar. Geopolitica ed energia ai tempi di Putin, Erdogan e Trump” – su pensieri, parole e opere di Merkel fra Berlino e Bruxelles
Questa è la prima tappa di un viaggio nello Zeitgest dell’Europa, durante il semestre europeo a Presidenza tedesca. Partiremo da Berlino, con le sue eccellenze, le sue contraddizioni, le sue pulsioni, e da lì guarderemo lo scacchiere europeo ed internazionale. E lo faremo proprio mentre la sua Cancelleria si avvia alla prova più difficile: consegnare la sua eredità politica al giudizio della storia.
In questo viaggio mi accompagna un giovane professionista, il Ph.D Filippo Onoranti, che concentra il suo lavoro di ricerca sul tema della sostenibilità ambientale, cioè uno dei tre pilastri del discorso che Angela Merkel ha pronunciato il 19 giugno al Bundestag, insistendo su una prospettiva che intreccia le basi tecniche e scientifiche alle implicazioni economiche, sociali e culturali.
Avere le idee chiare e volare alto è da sempre un’abitudine per Angela Merkel, ‘das Mädchen’ (la ragazza) come la chiamava affettuosamente il suo mentore Helmut ‘Birne’ Kohl.
Al quarto mandato da Cancelliera sta per eguagliare il Padre della Wiederveinigung, Cancelliere per tre lustri che coronò la sua leadership con la riunificazione della Germania il 3 ottobre 1990.
A Frau Angela non si può negare oggi l’appellativo di “mamma dei tedeschi”. Proprio mentre il suo cancellierato volge al termine, con l’ombra della più devastante recessione della storia recente a causa della prima pandemia del mondo globalizzato, spingeai massimi livelli una sfida per la quale è in palio la coesione dell’eurozona.
Nel citato discorso al Bundestag ha tracciato con forza qual è l’obiettivo: «L’Europa non è qualcosa che semplicemente possediamo, ma è qualcosa che possiamo e dobbiamo formare e gestire. Europa è un ordine aperto e dinamico di pace e libertà, che dobbiamo e possiamo costantemente migliorare». E l’appuntamento con il destino capita proprio nell’ultimo anno del suo quarto mandato – e a suo dire ultimo – in cui cade il semestre di presidenza Ue della Germania.
Come ha twittato il titolare di List, Mario Sechi, «un discorso con idee chiare e che vola alto su tre punti: trasformazione di economia e clima, sovranità tecnologica, difesa della democrazia».
La preoccupazione della cancelliera parte proprio dalla debolezza che «la pandemia ha messo in luce con grande chiarezza […] in campo digitale, sia per quello che riguarda la tecnologia, sia per quello che riguarda i servizi».
Frau Merkel non si fa scrupolo di premettere al concetto di digitale il termine “sovranità”, perché è proprio uno sviluppo europeo nel campo dell’innovazione tecnologica il centro nervoso di una necessaria autonomia. La strada maestra per realizzare questa indipendenza digitale non significa che in Europa dobbiamo essere capaci di fare qualunque cosa, ma che dobbiamo essere in grado di decidere da soli dove e come vada impostata la realizzazione di una infrastruttura di dati europea sicura e affidabile. Come anche dove e come costruire «capacità in tecnologie critiche come per esempio l’intelligenza artificiale oppure il computing quantistico».
Tale trasformazione sarà tanto più rapida – e sostenibile a propria volta – quanto più sapremo servirci delle informazioni a nostra disposizione, coordinando strategie e prassi orientate alla riduzione degli sprechi e all’utilizzo di risorse a basso impatto. Tecnologie che per alimentare il volano del sistema migliorino programmaticamente il monitoraggio sui metodi, per esempio, della produzione e della distribuzione dell’energia e delle altre risorse ambientali. La sfida del progresso non potrà che passare dalla capacità dell’Europa, intesa come Ue, di collocarsi sul livello alto della catena del valore:non potrà quindi che essere digitale.
Chi non accetta questa evidenza, chi sceglie di stare su altri segmenti della sfida per la sostenibilità economica, ambientale, sociale e culturale, preferendo la sterile prudenza degli slogan e dei facili veti, oltre a non produrre quel valore aggiunto legato all’innovazione tecnologica, si condanna a marginalità basse, a una prospettiva politica insostenibile a tutti i livelli e all’unica opzione di mietere risorse tramite lo strumento della tassazione. Inoltre, una ridistribuzione attraverso gli incentivi favorisce solo chi può già accedere a prodotti di alta tecnologia, ma non consente di sviluppare competenze adeguate alla sfida. E così si consolidano le disuguaglianze in essere, restando ben lontani dal prevenire quelle che si profilano.
E’ di moda chiamarli big data ma 25 secoli fa – mi ricorda Onoranti – li si sarebbe denominati “cause formali”; la questione non cambia. I dati sono il vertice della catena del valore, la ricetta che consente di combinare gli ingredienti. L’efficienza può essere uno dei driver dell’attuale rivoluzione industriale, della trasformazione economica e quindi ecologica, ma tocca anche la forma democratica, la sicurezza e l’indipendenza della nostra società.
«Il mondo ha bisogno proprio in questo tempo della forte voce dell’Europa». Una voce a cui forse das Mädchen, nel semestre di presidenza tedesca e nell’ultimo anno del suo quarto mandato, vuole consegnare la sua eredità politica perché si presenti al cospetto del giudizio della storia. La sostenibilità è uno dei suoi sigilli.
Il viaggio continua.