Pubblicato su StartMagazine.it il 14 luglio 2019
di Andrea Muratore
L’intervista di Osservatorio Globalizzazione a Gianni Bessi, autore del saggio “Gas naturale. L’energia di domani (Innovative Publishing)
Lei ha usato toni molto duri contro la decisione di rallentare o stoppare le trivellazioni nel Mar Adriatico. A gennaio ha scritto che “è folle che l’Italia si castri nell’attività di ricerca e di sfruttamento dei giacimenti nazionali”. Quali sono stati gli ultimi sviluppi in materia?
Il decreto semplificazione che ha introdotto la moratoria ha provocato una situazione di netto calo della produzione interna, che in meno di un anno è scesa al minimo storico. Se lo dovessi riassumere in un Tweet, strumento di comunicazione favorito dei politici attuali, scriverei: meno investimenti, meno posti di lavoro, più import, più costi di energia per tutti. Questo è l’effetto della politica energetica del ministro Luigi Di Maio e del ministro degli interni Matteo Salvini.
E pensare che in Adriatico sono presenti giacimenti notevoli di gas naturale. Se è vero, come io credo, che sia giunto il momento di rivedere il paradigma dello sviluppo energetico italiano puntando sul mix di gas naturale e rinnovabili, dobbiamo sfruttare anche le risorse a ‘km zero’. In Adriatico potrebbe esserci un tesoro di metano, forse una quantità pari ai 100mila ‘barili equivalenti di petrolio’ al giorno di cui parla Eni nei suoi piani di investimento, pari a 2 miliardi di euro. La presenza di così tanto gas in Adriatico è un dato che Eni ha verificato: mi riferisco al lavoro del supercalcolatore Hpc4, il più grande centro di calcolo italiano del settore industriale, la stessa ‘macchina’ che ha trovato il giacimento di Zohr in Egitto. Bene, se Eni potesse sfruttare i giacimenti adriatici, sarebbe possibile ridurre un poco quella dipendenza dal gas di importazione che ora è un elemento di debolezza del nostro sistema energetico. Dalle informazioni in mio possesso e che riporto nel libro le risorse di gas naturale a km Zero made in Italy sono anche di più. E visto che si parla tanto di sovranismo o nazionalismo, se si vuole metterlo in pratica dovremmo aiutare Eni e tutta la filiera dell’impiantistica, delle manutenzione, del manifatturiero a lavorare a casa nostra e non solo all’estero.
Quali pensa siano gli investimenti prioritari che il Paese dovrebbe porre in atto per risolvere le sue problematiche in materia energetica?
La mia idea è sostenere investimenti nel campo energetico e nelle politiche industriali grazie a un piano di organizzazione di rete delle nostre eccellenze industriali come Eni, Saipem, Versalis, Enel, Leonardo, Syndial, Snam, ecc. fino alle grandi municipalizzate, che faccia capo a una cabina di regia super partes, operante a un livello superiore rispetto ai singoli Cda, dove Cdp giocherebbe un ruolo centrale. Non dimentichiamo che lo Stato ha identificato proprio la Cdp come lo strumento in grado di fornire le risorse economiche per sostenere le strategie di sviluppo. Ovviamente, la Cdp non deve diventare una nuova IRI, ma uno strumento operativo che sostenga le imprese che, per know how, sono in grado di essere competitive. Sostenere i nostri campioni nazionali non è una scelta di politica protezionistica: molti Paesi che competono sul libero mercato, scelgono politiche che favoriscono, quando possono e all’interno delle leggi della libera concorrenza, le proprie aziende e le proprie le filiere.
In ultima istanza, vorremmo chiederle una sua opinione sul tema, tanto dibattuto, della transizione energetica. Lei ha sostenuto un approccio ragionato al tema, che ci porta a pensare come ogni mossa sul tema debba essere improntata al rispetto del più assoluto realismo in quanto a scelte politiche e pianificazione economica. A che punto siamo, in Italia, su questo campo?
Serve un progetto di sistema, io l’ho presentato e continuo a presentarlo con il libro “Gas naturale. L’energia di domani”, che si fondi sul mix energetico gas naturale e rinnovabili. Nuovi investimenti, dismissioni delle piattaforme visto la chiusura mineraria, progetti pilota per rinnovabili ultima generazione, l’Adriatico come area di formazione sul campo delle figure professionali ecc. ecc. come i nostri tecnici o i nostri sommozzatori. Anche perché la ‘transizione energetica’, la ‘bioeconomia’ o ‘l’economia circolare’ senza un progetto industriale di sistema, senza capacità e conoscenza industriale e finanziaria è puramente un esercizio di stile, se non di propaganda. E torno a riferirmi naturalmente a Eni, Enel, Snam, alle principali municipalizzate, Cdp ecc. ai loro partner che sono le PMI italiane che si sono sviluppate e cresciute grazie a questo fare sistema. La moratoria, il piano aree o altri totem, la mancanza di una legislazione chiara sia per la produzione sia per le dismissioni, le posizioni demiurgiche di chi è contro o di chi a favore stanno solo paralizzando e cancellando un sistema economico decisivo per il nostro Paese. Servirebbe solo buon senso, buona volontà e un po’ di lavoro…