ll commento di Gianni Bessi, autore del libro “Gas naturale – l’energia di domani” (Innovative Publishing)
I risultati delle elezioni europee hanno confermato che le spinte sovraniste non attirano poi così tanti consensi, a parte ovviamente in Gran Bretagna, dove comunque i giochi sono già fatti, mentre in Italia la Lega ha già messo le mani avanti col nuovo mantra (in realtà vecchissimo) «non si esce ma si cambia l’Ue dal di dentro». Una posizione giudiziosa, alla fine, perché permette di rimandare all’infinito i propositi secessionisti (e in questo la Lega è maestra: qualcuno ricorda più l’indipendentismo padano?) e restare dentro all’unica realtà che permette di restare economicamente in piedi, a patto certo di fare i compiti a casa… Ma questo è un altro discorso.
L’Unione europea non è immune da critiche, anzi: e proprio i suoi sostenitori sanno quali sono davvero le cose che non vanno. A cominciare da un tema che recentemente ha cominciato finalmente a diventare oggetto di confronto fra i leader del vecchio continente, cioè un’integrazione vera, non solo economico-finanziaria, tra gli elementi su cui si fondano le nazioni: le infrastrutture, i commerci, l’esercito, la fiscalità ecc. Un ragionamento che House of gas sta portando avanti da tempo mettendo in rilievo come un’integrazione energetica europea sarebbe auspicabile. Si tratta di capire come sia possibile tradurre la volontà di costruire un network energetico europeo in azioni realistiche, senza farsi distrarre da nostalgie nazionalistiche.
Tra i temi ancora aperti ci sono il Tap e il Nord Stream2, cioè la realizzazione di due infrastrutture di approvvigionamento essenziali per fare arrivare il gas in Europa. Il parlamento europeo e la commissione dovrebbero occuparsene con l’obiettivo di dare solidità alla costruzione comunitaria attraverso una scelta coraggiosa su una materia strategica qual è l’energia.
Rendendosi conto che Tap e Nord Stream 2 se paragonate alla Via della seta, alla rotta artica russa o alla fitta rete di gasdotti ospitati dagli oltre 13 milioni di chilometri quadrati delle terre siberiane, appaiono come i vicoli d’una cittadina medievale a confronto di un’autostrada.
Invece di affrontare l’esigenza di modernizzare l’Europa con slogan ormai fiacchi quali ‘prima gli italiani’ (dove italiani può essere sostituito col nome di un popolo qualsiasi) sarebbe bene cominciare a studiare. Lo diceva sempre la mia insegnante di italiano di fronte all’impaccio linguistico che noi adolescenti mostravamo nel momento in cui eravamo chiamati a descrivere come ci sentivamo con qualche aggettivo più complesso di ‘bene’ o ‘male’.
Per questo nel grande risiko dell’energia il nostro blog consiglia di volgere sempre lo sguardo a cosa accade al di là del limes orientale europeo dove c’è il primo fornitore di gas dell’Europa: la grande Madre Russia.
La collaborazione fra Cina e Russia sta prendendo forma grazie al colossale Power of Siberia, un gasdotto di 3mila chilometri con una capacità di trasporto di 38 miliardi di metri cubi di gas all’anno (dati che campeggiano sull’home page di Gazprom dedicata all’infrastruttura). L’orso e il dragone si sono dati la mano dichiarando che la cooperazione energetica è un elemento chiave dell’agenda bilaterale dei due Paesi. E il primo atto concreto sarà l’apertura del rubinetto del gasdotto nel terzo trimestre del 2019, in previsione di avviare i primi flussi commerciali verso la Cina all’inizio di dicembre: la previsione è di esportare circa 5 miliardi di metri cubi all’anno nel primo anno di attività, mentre a partire dal secondo anno e fino al 2021 le forniture dovrebbero salire a 10 miliardi di metri cubi per raggiungere la piena capacità nel 2022-23.
La cooperazione avviene con intensi colloqui a livello di massimi livelli tra Putin e Xi Jinping e “calato a terra” dall’azione sinergica dei colossi energetici rappresentati dal presidente del CNPC Wang Yilin a Pechino, e dal CEO di Gazprom, Alexei Miller.
Recenti dichiarazioni hanno confermato che la preparazione degli impianti per le esportazioni di gas dalla Russia verso la Cina via Power of Siberia andava ‘secondo i piani’. La pipeline sarà inizialmente riempita di gas dal gigantesco campo di Chayandinskoye e poi verrà aggiunto il gas del campo di Kovykta.
La Russia ha in programma di inviare altri 30 miliardi di metri cubi all’anno di gas in Cina attraverso una rotta occidentale e di ‘aprire’ una terza via per pompare gas dai giacimenti orientali. La diplomazia russa della collaborazione con i giganti economici orientali continua nelle sue diramazioni verso i giardini di Sokura giapponesi o verso la corea del Sud grazie a un gasdotto che la ‘unirebbe’ a quella del nord.
Un avviso agli europei: la diplomazia del Gas non dorme mai e intanto nel vecchio continente non si riesce a definire un articolato sistema integrato di gasdotti che permetta di continuare a essere il principale mercato di consumo per l’oro azzurro. E trattandone gli accordi non da una posizione subalterna ma da vera unione politica.