Pubblicato su Start Magazine.it il 10 marzo 2019
L’approfondimento di Gianni Bessi, autore di “Gas naturale – l’energia di domani”
«Deve esserci un nuovo impegno riguardo la responsabilità di Germania e Francia all’interno dell’Ue»: questo ha dichiarato Angela Merkel a margine della firma del trattato di Aachen (Aquisgrana in tedesco) che consolida, o dovrebbe consolidare visti i tempi, l’alleanza con la Francia. Un documento che, geopoliticamente, precisa le convinzioni dei due stati su chi dovrà guidare l’Europa del dopo 26 maggio. Ogni volta che i cittadini vengono chiamati alle urne i titoli dei giornali immancabilmente girano attorno al concetto “queste sono elezioni cruciali”. Che stavolta siano importanti è testimoniato almeno da un paio di fattori: il primo è la Brexit, il cui percorso fra poco sarà finalmente concluso… o forse no; il secondo è l’assedio delle forze sovraniste, che intendono mettere in discussione l’Europa unita… o forse no.
Come di consueto House of zar offre una riflessione su quali siano i temi che saranno al centro non solo delle elezioni ma anche di cosa succederà dopo. E ovviamente ritorna in ballo l’accordo fra Francia e Germania, che richiama alla mente una frase di uno dei più lucidi e inflessibili politici tedeschi del diciannovesimo secolo, Otto von Bismark, il quale disse che «Il supremo fatto geopolitico dell’era moderna e che i nordamericani parlano Inglese».
Il “Cancelliere di Ferro”, un tipino concreto che nonostante fosse un conservatore tutto d’un pezzo – o forse proprio per questo, dovendo controbattere la crescita di popolarità del socialismo – inventò il welfare moderno, era anche un visionario. Aveva già previsto il trionfo dell’area dell’anglosfera e della convergenza naturale tra il ‘vecchio’ Impero Britannico e i giovani eredi: gli Stati Uniti di America. Un connubio, quello tra la Gran Bretagna e la sua colonia più importante, che alla fine ha trionfato e segnato il mondo nel ventesimo secolo, non solo nella sfera militare, economica e geopolitica ma soprattutto nello spirito, nei comportamenti e nei gusti. Nella cultura, insomma, che contiene molti e importanti elementi anglofoni al punto che, usiamo volutamente un inglesismo, per l’occidente il pensiero anglofono è diventato mainstream.
Non stupisce quindi che con la Gran Bretagna ferma sulla soglia dell’Ue, con un piede saldamente fuori e l’altro, incerto, che tenta di restare dentro, Francia e Germania tentino di rinvigorire la loro leadership. Coinvolgendo, per riempire il vuoto lasciato da Londra nella plancia di comando dell’Ue, un altro Paese del Mediterraneo che per storia e affidabilità è naturalmente la terza forza politica del continente. E ovviamente è l’Ita… no, la Spagna.
Come abbiamo cercato di analizzare nella puntata precedente, questa sarebbe l’occasione per l’Italia di sedersi a tavola con gli adulti. Invece grazie all’accanimento sovranista, da una parte, e l’ossessione di cercare sempre un nemico, dall’altra, del nostro governo continueremo a mangiare in cucina, come succedeva ai tempi con la servitù. Siamo ancora la seconda manifattura d’Europa, abbiamo dei brand che il mondo ci invidia ma la nostra strategia è quella di… qualcuno di voi ha capito qual è la strategia? A parte il mettere in crisi i settori ad alta componente tecnologica e a elevata qualità delle maestranze – solo per fare un nome a caso, l’oil&gas – e il rifiutarsi di realizzare infrastrutture strategiche e, insomma, a mettere in difficoltà l’economia nazionale, il problema di questo Governo è che non ha aspirazioni internazionali. Con l’illusione che richiudendosi dentro i sacri confini, manco fossimo ancora al tempo di Marco Aurelio, il benessere sboccerebbe d’incanto.
Noi italiani o siamo in Europa o non siamo: questo dovrebbe essere chiaro a tutti.
Ma torniamo a Bismarck: come commenterebbe oggi i sussulti e i dubbi che investono il pianeta azzurro in ogni dove? Profetizzerebbe ancora un duello tra le potenze del mare dell’anglosfera contro quelle di terra dell’Euroasia? La risposta è sì: e il commento stavolta è più pop, citando Jena Plissken che alla fine di Fuga da Los Angeles dice «Più le cose cambiano più restano le stesse»…
Il dato che probabilmente oggi non sfuggirebbe al cancelliere di ferro è quello antropologico. A parte la crescita inarrestabile degli abitanti del pianeta, sarebbe colpito dal numero di persone che già vivono seguendo lo spirito ‘americano’ o che aspirano a diventare parte del modello di vita mainstream.
È pericoloso vivere seguendo un pensiero forte mainstream? L’unico pericolo è che tutto divenga un pensiero unico, senza contraddittorio. E che non è bene analizzare la realtà limitandosi a guardare i fatti in superficie: come direbbe proprio Marco Aurelio, appena citato, bisogna «provvedere sempre a definire o raffigurare l’oggetto della rappresentazione, così da vederlo qual è nella sostanza, nudo, nella sua interezza e, distintamente, in tutte le sue parti». Dietro ogni avvenimento geopolitico c’è un intreccio profondo di motivazioni, scelte, tattiche ecc.
E allora, esiste una morale che ci dà una mano di fronte alla complessità del mondo? Più che una morale quello che serve è un’organizzazione della civiltà che permetta di difendere la libertà personale ma all’interno di un contesto di forza. Come quello della Grande Russia di Putin, dei potenti Usa di Trump, o dell’immane dragone di Xi Jinping.
E infine ancora lei, l’Europa. Un motivo che li vale tutti per sentirsi non solo italiani ma europei: in un modo o nell’altro quando c’è una lotta, un conflitto o, ancora di più, una svolta nella civiltà l’Europa si trova sempre lì, in mezzo alla Storia. Anzi, quando c’è di mezzo l’Europa, è lei a fare la Storia.