di Gianni Bessi
Pubblicato su il Foglio.it il
Il gas naturale, l’oro azzurro, è diventata una delle materie prime più importanti al mondo: mentre scrivo è in atto una vera e propria rivoluzione dell’approvvigionamento di energia – essendo aumentate le richieste in maniera drammatica – in cui questa fonte sta ritagliandosi un ruolo preminente.
Per capire la sua portata, basti pensare a quanto questo fenomeno stia incidendo anche sulle mosse geopolitiche. Le reti dei gasdotti sono una delle priorità delle strategie nazionali: dal North Stream, al Turkstream e al Power of Siberia, dalle reti che collegano Giappone, Cina e India con la Russia, per arrivare alle modalità di trasporto del Gnl (Gas naturale liquefatto) americano. In particolare, la Cina punta sull’oro azzurro per raggiungere l’obiettivo urgente di ridurre l’inquinamento atmosferico. Non a caso il presidente cinese Xi Jinping vuole ottemperare agli accordi della COP21. Gli Stati Uniti, dall’alto della loro potenza economica, hanno ricominciato a esportare gas naturale e petrolio grazie alla produzione mediante nuove tecnologie non convenzionali (shale, fracking), facendo saltare gli equilibri dei rifornimenti mondiali.
In Italia c’è la tendenza a tirarsi fuori dalle strategie internazionali dell’energia, e la vicenda del gasdotto Tap lo dimostra
Forse gli Stati Uniti stanno cercando di bilanciare la perdita di competitività mondiale nel settore manifatturiero, ormai a favore di Cina e India, acquisendo una posizione di primo piano nel mercato dell’energia e, in questo modo, accrescere il valore delle esportazioni. In questo settore, la potenza competitiva del colosso a stelle e strisce deriva dalla riduzione dei tempi di percorrenza delle gasiere verso l’oriente grazie all’allargamento del canale di Panama. La nuova strategia messa in campo dall’Amministrazione Trump sta mettendo in difficoltà il grande produttore mondiale di gas naturale, la Russia, che sta cercando di stringere nuove alleanze e di consolidare quelle storiche, ma che deve comunque fronteggiare importanti cambiamenti di scenario. Infatti, ha iniziato a trasportare il gas naturale via mare e non solo con le pipeline, alle quali comunque non ha rinunciato tanto che sta incrementando questa rete in modo significativo.
La concorrenza ormai gioca a tutto campo e non è solo una mia convinzione che il mercato del gas naturale cominci ad assomigliare a quello petrolifero dove sono i prezzi e non la geolocalizzazione a determinare il valore delle transazioni. Questa partita vede in campo molti giocatori fra i quali la Cina, i cui piani energetici legati a questa fonte sono già stati predisposti: visto che da oggi al 2030 è previsto che la domanda di gas naturale raddoppierà, al fine di soddisfarla, i Cinesi hanno firmato un accordo con la Russia per l’utilizzo della mega pipeline Power of Siberia che permette di trasferire fino a 61 miliardi di mc di gas naturale all’anno. Ovviamente, questo fiume energetico non è sufficiente a soddisfare tutto il fabbisogno di energia del grande paese orientale, ma qui entra in gioco lo shale gas statunitense che l’Amministrazione Trump – e prima di lui quella di Obama1 – ha deciso di mettere in commercio. Evidentemente, su questa scacchiera, l’India non sta a guardare: il gas naturale russo fa gola anche all’altra grande tigre asiatica e il suo governo si è mosso per aggiudicarsi una parte dei flussi di approvvigionamento.