Pubblicato su Start Magazine il 15 giugno 2018
Terza e ultima puntata di una trilogia a cura di Gianni Bessi dedicata alle questione relative al rifornimento energetico e i suoi protagonisti
L’incontro del 30 maggio fra Vladimir Putin e il premier bulgaro Boyko Borissov ha toccato diversi argomenti, dalle relazioni economiche fra i due Paesi dell’ex Patto di Varsavia al turismo per arrivare all’immancabile lotta contro il terrorismo. Ma uno dei temi centrali è stato quello energetico. Lo stesso presidente russo ha dichiarato di avere confermato al premier di Sofia che Russia e Turchia sono pronte a sostenere l’estensione del gasdotto Turkstream fino alla Bulgaria.
Una notizia che mette lo Stato balcanico al centro della strategia europea dell’approvvigionamento di gas naturale: lo aveva confermato il presidente Radev in un’intervista, affermando che la richiesta bulgara di un “Bulgarian Stream” non fosse poi così diversa da quella della Germania per il “Nord Stream 2”. Aggiungendo spezie al piatto che si sta cucinando sulla questione energetica e che aveva visto i due principali chef, Putin e Merkel, confrontarsi a Sochi. Radev ha aggiunto che entrambi i progetti sarebbero compatibili con la legislazione dell’UE.
In realtà quest’ultima affermazione non è del tutto vera: le eventuali consegne di gas in Europa attraverso la “linea bulgara” del TurkStream rimangono potenzialmente vincolate da un’incertezza normativa costituita dalla conformità con le norme comunitarie relative al terzo pacchetto energetico.
Un elemento che ha sorpreso gli osservatori è stato la disponibilità di Borissov a sedersi a un tavolo con lo zar Vlad a discutere di temi strategici, visto che si porta dietro una fama di avversario della Russia. La visita del primo ministro di Sofia è sembrata quindi un ripensamento delle sue posizioni, mentre si tratta, come sempre, di un’ennesima declinazione della realpolitik. Il conservatore Borissov, favorevole alla costruzione di un hub del gas vicino a Varna per intercettare il flusso di gas del Tukstream, sa perfettamente che tra il suo Paese e Mosca esiste un legame forte, più che con qualsiasi altra nazione dell’area. Borissov ha tradotto questa consapevolezza interpretando la sua presidenza di turno dell’UE, ergendosi come baluardo del gruppo dei Paesi dei Balcani occidentali che non fanno parte dell’unione. I quali, a suo parere, sarebbero stati emarginati dall’Europa. Nella scelta di organizzare a Sofia il summit del 17 maggio dedicato proprio alle nazioni dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia Herzegovina, Serbia, Montenegro, Macedonia e Kosovo) il primo ministro ha inteso in realtà rinnovare il proprio impegno nella metanizzazione dell’area, così importante per il decollo del mezzogiorno d’Europa, della quale il Paese delle rose potrebbe divenire la base logistica di fornitore ufficiale di “oro azzurro”.
Una posizione che fa comodo, ovviamente, anche a Mosca, vista la volontà di Angela Merkel sul North stream 2, che venga realizzato garantendo anche la prosecuzione dei transiti futuri di gas attraverso l’Ucraina. Così Mosca in pratica domanda alla Bulgaria di combattere in sede UE la battaglia per indirizzare le linee 3 e 4 del gasdotto verso l’originario approdo di Varna. Tra le ipotesi, ce n’è una che forse permetterebbe di aggirare l’ostacolo di cui abbiamo parlato all’inizio: costruire una piattaforma al largo delle acque territoriali bulgare da cui inizierebbe il tratto di competenza comunitario della pipeline verso la Bulgaria. A questo punto, con una società al 100% europea per gestire la nuova ramificazione, potrebbero, forse, sparire i problemi legati alle norme sulla concorrenza. Forse.
In sintesi la Bulgaria, nella fase finale della sua presidenza di turno UE, sta cercando di gettare le basi per una rinascita dell’accantonato ma mai cancellato progetto per due ulteriori linee del cosiddetto South Stream. O, in alternativa, del Turkstream con una leggera deviazione bulgara.
La Bulgaria nel passato è stata protagonista di clamorosi ‘scismi’ tra occidente e oriente dell’Europa. Se vorrà riprendersi questo ruolo oggigiorno potrà farlo imputandosi sulla costruzione del gasdotto. E se sarà Bulgexit, questa volta Sofia avrà ceduto al fascino della città – e del potere che rappresenta – che si è sempre creduta l’erede di Bisanzio: Mosca la terza Roma.