Pubblicato su Startmagazine del 30 marzo 2018
Terza e ultima puntata dell’approfondimento di Gianni Bessi sulle elezioni svolte in Russia e non solo…
È successo quello che tutti sapevano. L’unica incertezza era quanti russi sarebbero andati a votare. Un secondo trionfo. Basta guardare le percentuali della Crimea. Del resto questa campagna elettorale è iniziata proprio dalla regione contesa con l’Ucraina; e proprio il 18 marzo, però del 2014, insieme alla scritta “ritorno della Crimea, è la data incisa nel medaglione che fu assegnato a coloro che parteciparono all’annessione della penisola alla Madre Russia”. Il 18 marzo tra le guerre in Ucraina e in Siria, è la data che conferma l’ombra di una nuova cortina di ferro, che non assomiglia a quella della vecchia guerra fredda, ma ha una caratteristica più liquida e strisciante: è la sfida fra un capitalismo democratico e uno autoritario.
Intanto Putin sta, anzi è già diventato, la vera ossessione dell’occidente, tra ex spie del Kgb avvelenate nel Regno di Sua Maestà Elisabetta II e intrighi degni della trama di un James Bond d’annata. Le elezioni americane che hanno celebrato il trionfo di Trump sono un voto sottosopra? Allora per forza ci deve essere dietro la mano di zio Vlad. In Italia dilagano i ‘populisti’? Ecco che spunta l’accusa ai faker Putiniani. E se quest’ultima situazione fosse limitata all’Italia – come sentenziò Ennio Flaiano – sarebbe grave ma non seria: invece è estremamente seria. Crescono le tensioni tra Londra e Mosca con un linguaggio e azioni da Guerra Fredda, vedi le espulsioni di diplomatici russi da Usa e nazioni dell’Ue. Intanto Gazprom, la compagnia della produzione russa e mondiale di gas naturale ha già chiuso gli uffici a Londra. Per capire l’importanza della scelta, non va dimenticato che la capitale britannica è anche la capitale finanziaria del petrolio, del Brent. I segnali di forza aumentano anche tra America e Russia.
LA MOSSA DELL’IMMORTALE
Il nome di Putin è composto da “Vlad” ovvero “potere” e da “mer” ovvero “illustre”: significa “famoso per la sua potenza”. Si richiama direttamente ai Siloviki. i Signori della forza. Chi del gruppo che ha saldamente in mano la Madre Russia prenderà il posto di “zio Vlad”?
Una voce fuori dal coro ci ricorda le parole di Dostoevskij sulla grandezza della cosiddetta Madre Russia. C’è una nexgen che sta crescendo. Da una parte una generazione che non ha conosciuto altra Russia che quella di Putin. Dall’altra all’ombra dei “vecchi” Siloviki si sta formando una nuova classe dirigente preparata e internazionale in particolare nelle grandi aziende di Stato dell’energia e non solo. Il 70% del Pil russo è creato da queste aziende. E la sfida dei prossimi sei anni sarà far crescere l’interazione tra le aziende statali e piccole e medie imprese. Ricorda qualcosa a noi italiani?
Ma anche nelle lontane terre dell’impero ex-sovietico si stanno mettendo in moto nuove energie come il gigantesco ricambio generazionale promosso proprio da Zio Vlad che nelle 85 regioni ha cambiato ben 36 governatori, con i nuovi che sono quasi tutti under 50.
Rifacendoci ancora alla grande tradizione russa degli scacchi, tra sei anni invece della mossa dell’arrocco vedremo la mossa dell’immortale? Dove il giocatore con coraggiosi sacrifici dei pezzi più pregiati da scacco matto e vince la partita con i pezzi minori rimasti? E questa mossa forse la conosceva anche il suo predecessore: il Corvo Bianco.
Sicuramente le nuove generazioni, sia i giovanissimi sia quelli a capo delle aziende di Stato
o ai vertici della politica vedono in Vladimir Vladimirovic Putin un altro ‘piccolo padre’ della ‘Madre Russia’.
SCERIFFO A WASHINGTON
L’ascesa dei Signori della forza non vale solo per Madre Russia. La parola Siloviki trova facile traduzione nella lingua dei cow boys americani: the strongman. Uno degli ultimi siluramenti che ha fatto Trump, quello di Tillerson che ha ceduto il posto all’ex capo della Cia Pompeo, non è altro che la sostituzione di un Signore del Petrolio con un Signore della forza. Ormai gli Strongman hanno occupato tutti i posti di comando della White House. Una città come Washington che ha assunto i vessilli dell’antica Roma, e che conosce anche i miti e le superstizioni che erano parte della sua cultura politica, conosce anche l’adagio: Si vis pacem, para bellum.