Non si finisce di mettere nero su bianco un’analisi sugli ultimi sviluppi degli scenari energetici che la realtà è già cambiata: se fossi uno scettico antico ne sarei contento, invece succede che l’accelerazione dei fatti non permette neanche di finire di pranzare.
Almeno rimane una certezza: per quanto il quadro cambi, la direzione rimane sempre la stessa. Che è questa: stiamo assistendo a una corsa all’accaparramento del gas, che sta diventando il vero motore delle economie mondiali.
Insomma se si persevera a usare la curiosità come un cannocchiale, che è la costante di “House of gas”, si delineano sempre più le molteplici sagome dei protagonisti di questa grande “corsa”… e non solo quelle dei leader delle grandi nazioni, da Donald Trump a Vladimir Putin, da Xi Jinping a Narendra Modi, da Angela Merkel a Emmanuel Macron, ma anche quelle di comprimari di lusso che entrano in scena lottando per prendere posizione, sgomitando nella gara per garantirsi gli approvvigionamenti energetici e un posizionamento geopolitico futuro.
Dal mega giacimento egiziano di Zohr ai ricchi campi davanti al Libano, alle tensioni provocate dalla Turchia per liberarsi delle intrusioni nel proprio giardino cipriota. E ancora, dagli ultimatum del nuovo e giovane erede Saudita Mohammed bin Salman alle sinergie con la potenza persiana del Qatar che, guarda caso, è ricco di Gnl.
E restando agli “ultimi arrivi nel negozio del gas”, Israele sta boicottando l’autostrada sciita, un corridoio terreste dall’Iran verso il Mediterraneo. Forse c’è un gasdotto da costruire, che passa dalla Siria o si va in direzione del Tanap turco-azero? La risposta all’azione dei figli di David viene dalla solita Hezbollah, che ha come sfondo il confine “marino” tra Israele e Libano. Proprio lì dove ci sono i giacimenti di gas. Nulla accade per caso.
Per ridurre a più miti consigli lo storico nemico persiano Benjamin Netanyahu non esita a stringere la mano al leader egiziano: in ballo ci sono, ovviamente, forniture di gas miliardarie. La soddisfazione di Bibi dopo l’accordo testimonia che la pecunia non puzza a nessuna latitudine o periodo storico: «I 15 miliardi della vendita di gas saranno investiti nelle istruzioni, nella sanità e nel benessere sociale dei cittadini di Israele». E l’accordo, ha aggiunto, «rafforzerà la nostra sicurezza, la nostra economia e le relazioni regionali.
Il flusso di informazioni e di discussioni non dà tregua, ma alla fine si può stare certi che chi il gas ce l’ha lo vende e chi non ce l’ha l’acquista.
L’unica eccezione è quella di un Paese che ce l’ha ma non lo estrae e non è nemmeno tanto sicuro di volerlo acquistare. Un Paese che grazie alle sue controllate Eni, Saipem ma anche alle sue migliaia di imprese e alle centinaia di migliaia di lavoratori è uno dei leader mondiale dell’Oil&Gas, un settore che ha il potenziale per essere uno dei motori dello sviluppo economico per tutto il Paese.
E soprattutto la sua classe politica che non se ne vuole occupare: ogni riferimento all’Italia è puramente voluto…