Pubblicato da Start Magazine il 26 gennaio 2018
di Gianni Bessi
Il 28 Gennaio si terranno le elezioni presidenziali greco-cipriote: occhi puntati su Cipro, che si candida ad hub del Mediterraneo grazie a riserve gas e petrolio
In ‘Atto finale’, l’ultimo libro della trilogia House of cards di Michael Dobbs, tra i protagonisti indiretti c’è un’isola del Mediterraneo che proprio in questo momento sta tornando sotto i riflettori della cronaca. Francis Urquhart, il protagonista del romanzo (ispiratore della serie culto tv), affrontando le quotidiane sfide del potere da Primo ministro britannico, si trova a fare i conti con i problemi derivanti dalla scoperta a Cipro di alcuni giacimenti di petrolio. E la cosa gli riporta alla mente una vecchia vicenda che gli era capitata sui Monti Troodos nel 1956: una faccenda torbida legata alla guerra per il possesso dell’isola.
Guerra e petrolio: dalla finzione romanzesca alla realtà gli elementi sono sempre gli stessi. Infatti le prossime elezioni presidenziali greco-cipriote, previste il 28 gennaio e che vedono favorito il presidente uscente Anastasiades, catalizzano l’attenzione internazionale sull’isola cara ad Afrodite che nella sua parte meridionale custodisce importanti risorse naturali offshore, leggi gas e petrolio.
Inoltre, l’area è strategica dal punto di vista energetico perché interessata dal progetto del gasdotto EastMed tra Israele, Cipro, Grecia e Italia, il quale invierà le risorse, prelevate dai giacimenti dei primi due paesi, per farle giungere in Europa limitando la dipendenza dalla Russia. Il tutto, restando alla geopolitica, complicato dalla volontà di Erdogan di consolidare la posizione della Turchia come nazione leader della regione, che è storicamente turbolenta.
Un po’ di storia non guasta: il conflitto a Cipro è tra i più antichi dell’epoca post II guerra mondiale, l’unico ancora all’interno dell’Unione Europea. Sicuramente non paragonabile ai molti conflitti nelle aree vicine all’isola, da Israele-Palestina, alla Siria, dalla Libia allo Yemen, dall’Ucraina al Caucaso, ma che come il più consumato vintage torna d’attualità. Innumerevoli i tentativi fatti dai più esperti mediatori mondiali dal lontano 1963 ad oggi. In molti credevano che l’ultimo tentativo sarebbe andato diversamente. Si sbagliavano, la riconciliazione di Cipro è ancora lontana da venire commentava lo scorso luglio a Crans Montana il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres.
‘House of gas’, seguendo la propria ‘curiosità usata come un cannocchiale’, ha annotato da tempo sul proprio taccuino come la Grecia stia procedendo decisa verso un consolidamento della propria industria energetica, candidandosi a vero e proprio hub per gli approvvigionamenti della corsa all’oro azzurro.
Tsipras a cavallo del famoso referendum andò con il ‘pugno chiuso’ a incontrare lo zar Putin ed evitò di litigare con gli “amerikani”. Soprattutto, non si nascose dietro nazionalismi per evitare rapporti con il sultano turco Erdogan: il risultato è stato un accordo sul Turkstream con possibilità di ‘collegamenti’ con il Tanap e il Tap.
Però il fallimento delle trattative di pace della questione cipriota, la scorsa estate, ha di nuovo raffreddato la situazione che vedeva la ‘politica estera del gas’ costruire nell’area mediterranea una forma di cooperazione per superare lo status quo della zona East-Med. Dove la situazione cipriota è in prima fila: come succede a Francis Urquhart nell’ultimo capitolo della trilogia di House of cards anche in questo caso ritornano gli spettri del passato.
Alcune fonti hanno riportato che numerose esercitazioni militari turche, con la presenza di navi ed aerei, sono state ‘al limite della provocazione’ nei confronti nelle navi di ricerca che operano nelle zone di trivellazione del gas naturale in concessione a ENI e Total. La risposta greca non si è crogiolata nel soft power perché ha coinvolto il 115° Stormo dell’isola di Creta inviato a protezione di Nicosia.
Sono passati 55 anni dallo scoppio del conflitto greco-turco-cipriota, ma forse la scomoda verità non si trova nel protagonismo dei leader nazionali, o della rivalità storica greco-turca o dei sempre ipotetici complotti delle multinazionali sullo sfruttamento delle risorse petrolifere offshore. Forse le élite greco-turche cipriote preferiscono lo status quo a Cipro?