Pubblicato da Formiche.net del 10 dicembre 2017
L’analisi di Gianni Bessi, Consigliere PD Regione Emilia-Romagna
Qualcosa si muove nel cielo della chimica italiana: è recentissima la notizia che la nostra azienda di punta, l’Eni, ha ricominciato a trattare l’acquisizione di imprese del settore, nello specifico la divisione italiana di Mossi & Ghisolfi che trasforma i rifiuti agricoli in plastica. Dietro la mossa, come hanno rilevato molti commentatori, c’è l’intenzione chiara del cane a sei zampe di continuare la diversificazione delle attività sostenibili e innovative.
E su questa partita un ruolo centrale lo gioca Versalis, che recentemente ha visto scongiurare il pericolo di una sua vendita a SKCapital.
L’acquisizione di una realtà importante della “chimica green”, infatti, darebbe slancio anche ai progetti di ricerca e sviluppo della controllata Eni, che si potrebbe candidare a essere il ‘polo di aggregazione’ dei due volti della chimica nazionale: quella tradizionale, a cui appartengono Polynt, Radici, Mapei, e quella innovativa, con realtà quali Novamont e appunto Mossi &Ghisolfi
Ridisegnare un settore così importante e complesso non è un compito agevole, ma è l’unica strada per mantenere una posizione sui mercati che il nostro Paese si è conquistato nei decenni grazie alla qualità della ricerca e della produzione, senza contare che sarebbe essenziale nel quadro di una strategia che punti a fare ripartire l’economia.
Del resto proprio il ridare slancio all’economia italiana, ancora sofferente nonostante la tenue ripresa europea, era uno degli obiettivi di ‘Promuoviamo il futuro’, il programma ambizioso di Cassa depositi e prestiti che si concretizza in un piano nazionale d’investimenti in favore del sistema economico-produttivo che muove 265 miliardi (163 miliardi per imprese italiane e internazionali) fino al 2020. In molti, fra cui il sottoscritto, al tempo della presentazione di ‘Promuoviamo il futuro’ avevano rilevato che la chimica non poteva essere esclusa dai settori sui quali Cdp avrebbe dovuto impegnarsi. Anzi. E le novità di Eni confermano che quell’auspicio era e resta corretto.
Quali sono i motivi per cui è necessario che Cdp investa sulla chimica italiana? Ne cito uno, solido, convincente e lungimirante. L’attività strategica di Ricerca e Sviluppo del settore, che ha una qualità importante, cioè non è sostenuta solo dai grandi gruppi, ma anche da tante piccole e medie imprese.
L’obiettivo della Cassa dovrebbe essere quindi quello di contribuire a creare un ‘sistema chimico italiano’ che sia integrato, moderno e con una vocazione alla sostenibilità. Abbiamo bisogno più che mai di rinnovare la chimica nazionale: potremmo riuscirci grazie alla cabina di regia della Cdp e al rinnovato impegno di Eni.
E qui confesso un interesse specifico legato alla mia terra: in questo quadro l’Emilia-Romagna potrebbe svolgere un ruolo da protagonista, perché possiede già una ‘rete integrata della chimica’, cioè il quadrilatero Ferrara-Mantova-Venezia-Ravenna, uno dei principali poli petrolchimici europei costituito da quattro centri produttivi collegati da una pipeline nella quale scorrono i derivati di base del petrolio, etilene, propilene e ammoniaca ricavati a Marghera. Un’integrazione che non si ferma ai prodotti petroliferi e plastici, ma coinvolge il settore sanitario e le grandi potenzialità delle sinergie con una organizzata filiera agroindustriale
Oltre a questo, l’Emilia-Romagna è in grado anche di mettere a disposizione una forte collaborazione dei luoghi dove si studia e si progetta la nuova chimica, dall’Università ai centri di ricerca e, non ultimo, una piattaforma logistica quale il porto di Ravenna.
In conclusione, puntare con rinnovato entusiasmo sulla chimica è una scelta economicamente razionale oltre che un atto di fiducia, finalmente, per quelle eccellenze produttive che hanno contribuito a costruire l’Italia di oggi.