Pubblicato da Formiche.net del 7 dicembre 2017

L’intervento di Gianni Bessi, consigliere Pd in Emilia Romagna

In politica saper giocare in difesa è spesso utile quando non addirittura consigliato: chiedere per conferma a Kakha Kaladze, ex terzino del Milan, che è stato da poco eletto sindaco di Tbilisi con il 51,13 % dei voti. Il motivo per cui House of gas se ne occupa però non è legato alla sua passata abilità di fermare gli attaccanti avversari, ma al suo ruolo di ministro dell’energia sotto il governo guidato da Bidzina Ivanishvili, che ha lasciato per diventare primo cittadino della capitale georgiana. Kaladze è uno dei leader di “Sogno Georgiano” il partito che sta cercando di portare avanti una politica di distensione con la Russia, al fine di chiudere una lunga stagione di tensioni  che ha avuto quali protagonisti l’ex presidente Mikheil Saakashvili e l’immancabile Vladimir Putin.

E anche dal fatto che dalla nazione ex sovietica passano importanti gasdotti. Va da sé, date queste premesse, che le elezioni a sindaco di Tbilisi hanno catalizzato l’attenzione internazionale sulla repubblica caucasica, che si troverà a giocare un ruolo ancora più importante per gli equilibri di una regione storicamente turbolenta. Soprattutto se e quando anche Iran e Iraq troveranno uno sbocco continuativo alle proprie esportazioni attraverso il South Caucasus Pipeline (SCP).

Dai ricchi giacimenti di Shah Deniz vicino a Baku, capitale dell’Azerbaijan, scopriamo che il SCP prima di entrare nella penisola dell’Anatolia passa proprio attraverso la Georgia descrivendo una stretta curva a U per evitare con cura l’Armenia.

Guardando al Caucaso Minore si può notare nel dettaglio proprio la prima tratta della rete del SCP, che poi si connette al Trans-Anatolian Pipeline (TANAP) fino al Trans-Adriatic Pipeline (TAP). Quest’ultimo ha il compito di incanalare il gas verso la Grecia, l’Albania e, scorrendo sul fondale, arrivare nelle coste pugliesi.

Intanto la compagnia petrolifera statale dell’Azerbaigian, SOCAR, per bocca di Rovnag Abdullayev ha dichiarato la scorsa estate che la costruzione del TransAnatolian Pipeline, un gasdotto da 31 miliardi di metri cubi all’anno, è giunta al 77,3% e il gas inizierà a fluire attraverso di essa nella seconda metà del 2018.

E questa è la seconda notizia su cui puntare il nostro cannocchiale: sta prendendo forma, grazie al lavoro del ministro De Vincenti, l’impegno di TAP e SNAM a realizzare progetti a favore del territorio per 25 milioni di euro.

Il 40% dei tubi di acciaio per i tratti greci e albanesi del gasdotto TransAdriatico è già stato posato, come dichiarato dal Consorzio TAP lo scorso 25 luglio e il completamento della parte offshore tra Albania e Italia è invece previsto per la fine del 2018: nel 2019 sarà testato e messo in servizio.

È sempre buona norma non focalizzarsi solo sui luoghi da dove partono o dove arrivano i tubi, ma prendere nota di ogni “terra di passaggio”, perché anche qui si disegnano gli equilibri geopolitici della ‘mappa dell’approvvigionamento’ dell’oro azzurro. L’esempio concreto è proprio l’area che va dal Caucaso all’Anatolia fino ai Balcani dove a fianco agli Erdogan o Tsipras, sulle rotte del gas nuovi protagonisti e leader si stanno affermando.