Lettura consigliata, testo dell’amico Aldo Preda
In questi anni abbiamo avuto con noi tanti amici che ci hanno parlato di ZAC; ma perché ricordare ZAC, il costituente, il parlamentare di molte legislature, il Ministro, il Segretario Nazionale di un partito, la D.C., che non c’è più?
Molto è stato detto e scritto in questi anni su di lui: sono state evidenziate le virtù morali e l’impegno civile, sono stati disegnati i tratti di una persona anomala rispetto alla politica, alle sue regole, alla lotta di potere, è stata esaltato il suo stile di vita, la sua onestà, la sua cristiana premura verso il prossimo.
L’ebbrezza del potere non lo sfiorava, oppose un netto rifiuto all’ipotesi di una candidatura alla Presidenza della Repubblica nel 1971, ripeté il suo no nel 1985, nonostante le pressioni, oltre che della maggioranza delle forze politiche, anche di personalità della società civile e della Chiesa, quali i cardinali Tonini e Martini e da questo distacco dal potere ne uscì rafforzato.
Era un cristiano vero, la cui fede non si esauriva dentro le mura del tempio, ma era proiettata nella società civile ed andò sempre fiero della propria laicità, che rivendicò con forza, in più occasioni, nei confronti delle autorità religiose e così i suoi sentimenti religiosi non furono mai occasione di divisione.
Il suo amico di sempre, il card. Achille Silvestrini, ancora oggi riferimento di tanti nonostante l’età, ha testimoniato la capacità di decisioni di Zaccagnini, applicando a lui quanto scritto da Tommaso Moro alla figlia Margaret : “Io non ho mai affidato il peso della mia coscienza ad alcuno, neppure al migliore uomo ora vivente”.
Per molti dei politici di oggi forse sarebbe giudicato “un perdente”: un segretario del partito di maggioranza portato a spersonalizzare la sua presenza, troppo rigoroso nel non superare i confini tra partiti ed istituzioni, dubbioso di sé, ma sempre sicuro della sua missione, inflessibile anche davanti ai fatti tragici che ha vissuto.
Tutto questo aumentò la sua autorevolezza e la sua statura politica agli occhi della gente e delle altre forze politiche, sia di maggioranza che di opposizione.
Con Zac finì una stagione, dopo di lui altre e oggi in un’epoca di revisionismo di ogni tipo, dove i protagonisti si attribuiscono parti a seconda dell’utilità del momento, davanti alla gente che ha la percezione di una nomenclatura irrigidita in difesa di un sistema chiuso , sarebbe sbagliato porsi la domanda: “Che cosa farebbe Zac?”, perché ogni epoca, ogni generazione deve prendersi le proprie responsabilità di sapere cosa fare e non di scaricare, come avviene oggi, purtroppo, su generazioni passate o future.
Zaccagnini non vorrebbe essere collocato in un museo a consolazione dei nostalgici, ma sicuramente condannerebbe le risse in Parlamento con insulti e scontri fisici, le minacce di parlamentari al Presidente della Repubblica, la politica ridotta ad un talk show televisivo, preoccupata solo a non far passare alcun contenuto, perché priva di idee e proposte ed auspicherebbe quel confronto, che per lui non era un espediente di una strategia politica, ma l’espressione di una fiducia nella politica.
Zaccagnini si sentirebbe fuori da questo tempo ? Lo chiesi a Giuseppe Dossetti nel 1994 a Monteveglio e la sua risposta fu che Zac non avrebbe mai rimpianto il giorno prima, ma avrebbe guardato al nuovo giorno, perché mai come in politica è vero che dopo ogni notte viene il nuovo giorno ed oggi questa è la speranza.
Aldo Preda