di Gianni Bessi

Pubblicato su L’Unità del 13 agosto 2016

Il referendum sulle modifiche alla Costituzione sarà un’occasione importante per capire se la modifica della nostra ‘Carta’ ha il beneplacito dei cittadini, ma anche per ridefinire il comportamento della politica nelle consultazioni elettorali. Perché se è vero che le associazioni di rappresentanza e molti protagonisti della vita sociale si sono mobilitati con appelli a sostegno del ‘Sì’ con l’obiettivo di aumentare i consensi, la vera partita si giocherà su un altro piano, cioè la capacità di rapportarsi direttamente con le persone.

Voglio dire che ci si deve togliere la giacca del ‘narcisismo’ per presentarsi di fronte ai cittadini sapendo che il referendum riguarda loro e non i ‘politici’ o le ‘elite economiche e culturali’. Il messaggio-chiave di questo referendum è che la vittoria del Sì non sarà solo un ‘make-up costituzionale’ ma avrà effetti concreti sulla vita dei cittadini e sull’economia dei territori, sull’occupazione e sul welfare.

È quindi fondamentale aggiudicarsi l’appoggio dei vertici delle associazioni di rappresentanza, dei testimonial prestigiosi, che possono svolgere un prezioso lavoro per aggregare il consenso, ma occorre verificare il grado di profondità che questa aggregazione può raggiungere confrontandosi direttamente con il corpo sociale. Insomma per ottenere risultati bisogna usare, come dicono gli inglesi, ‘the boots on the ground’, cioè le truppe di terra. Rivolgendosi ai cittadini in maniera diretta, costruendo azioni sui territori mirate, utilizzando linguaggi e strumenti specifici per ogni gruppo socioeconomico.

Il perché l’utilizzo della ‘truppe di terra’ sia un elemento chiave è presto detto: il nostro Paese presenta dal punto di vista demografico alcune concentrazioni abitative in grandi nuclei urbani, ma per la maggior parte i cittadini sono sparsi in piccoli centri, in borghi, in agglomerati rurali, in quella che è definita la ‘provincia italiana’. Dove vive quella classe media laboriosa che oggi vede erodere la sua ‘esistenza’. In queste aree il mezzo di ‘coinvolgimento’ ancora più efficace è il rapporto diretto, la stretta di mano, l’incontro in luoghi confidenziali, nelle associazioni di categoria, di volontariato, nelle fondazioni, nei circoli cittadini, ecc.

L’efficacia di questa strategia fu dimostrata da un lavoro di analisi a cui partecipai oltre dieci anni fa sull’importanza del voto delle aree rurali in vista delle elezioni politiche in Italia. La riflessione nasceva dall’analisi del risultato delle elezioni USA del 2001, quando il peso politico ed elettorale delle aree rurali e semirurali, soprattutto nel sud e nell’ovest degli Stati Uniti fu determinante per la vittoria di George W Bush: allora i ‘boots on the ground’ dei Repubblicani furono più efficaci.

In particolare, attribuendo il medesimo peso alla densità demografica e al rapporto attivi in agricoltura su totale attivi, è stato costruito un indice sintetico di ruralità. Dividendo, poi, la sua distribuzione per quartili, si è stabilita la caratterizzazione “strettamente rurale” per i territori il cui indice sintetico ricade negli ultimi tre quartili e la caratterizzazione “semi rurale” per i territori il cui indice sintetico ricade nel primo quartile.

La figura qui sopra, utilizzata nell’analisi di cui parlavo, riporta la distribuzione dei 475 collegi elettorali uninominali della Camera dei deputati del Mattarelum per grado di ruralità degli ambiti comunali che li compongono. Ci aiuta visivamente a renderci conto dell’importanza del voto delle aree rurali, da sempre decisivo per spostare gli equilibri elettorali.

Ora si tratta di capire come coinvolgere questa forza. Mi ripeto, servono i boots on the ground’, cioè un metodo di coinvolgimento diretto, che si muova dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto e che dovrebbe partire, perché no, proprio dal Presidente del Consiglio per incontrare i cittadini nei territori e spiegare i contenuti del quesito referendario. Un’azione, come ho suggerito all’inizio, che metta da parte qualsiasi narcisismo, qualsiasi personalizzazione perché i protagonisti del referendum, quelli su cui debbono ricadere i benefici del cambiamento della Carta costituzionale sono i cittadini. Il loro voto potrà cambiare le cose, per se stessi e per tutto il Paese.

 

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