Pubblicato su formiche.net il 28 giugno 2016
L’intervento di Gianni Bessi

Caro Lionel,

uno scorpione doveva attraversare un fiume, ma non sapendo nuotare, chiese aiuto ad una rana che si trovava lì accanto. Così, con voce dolce e suadente, le disse: “Per favore, fammi salire sulla tua schiena e portami sull’altra sponda.” La rana gli rispose: “Fossi matta! Così appena siamo in acqua mi pungi e mi uccidi!“. “E per quale motivo dovrei farlo?“, incalzò lo scorpione: “Se ti pungessi, tu moriresti ed io, non sapendo nuotare, annegherei!“. La rana stette un attimo a pensare, e convintasi della sensatezza dell’obiezione dello scorpione, lo caricò sul dorso e insieme entrarono in acqua.

A metà tragitto la rana sentì un dolore intenso provenire dalla schiena, e capì di essere stata punta dallo scorpione. Mentre entrambi stavano per morire la rana chiese all’insano ospite il perché del folle gesto. “Perché sono uno scorpione…“, rispose lui: “E’ la mia natura“. La stessa lezione la dava ogni domenica il grande Bo-bo-chini (all’anagrafe Ricardo Enrique Bochini), numero 10 dell’Independiente – i “diavoli rossi” di Avellaneda di Buenos Aires – dal 1972 per 19 anni e per 637 partite: lasciò a 37 anni insegnando che alla natura non si comanda. Bochini era condannato all’assist, alla giocata che scardinava la difesa e che regolarmente metteva un suo compagno davanti alla porta con un pallone facile facile: la sua natura non era far gol, finalizzare, concludere ma il patto con la natura era che fosse un altro a prendersi la briga di segnarlo il gol.

Valdano bucaniere del gol lo sapeva bene perchè ci aveva giocato contro el Bocha e lo ha descritto magistralmente nei sui libri. Jorge Valdano scriveva bene come giocava, attento attaccante, umile e concreto ma con una natura definita: “Diventare campione del mondo e grande scrittore“. E lo è diventato! Lo paragonò a Woody Allen che giocava a calcio, stesso fisico 1,68 per 67 chili, “insufficiente per ogni cosa“, “due gambe di fil spinato“, “la faccia tipica del perdente“, “la testa spelacchiata che mai avrebbe osato colpire il pallone per non scompaginare i due peli pettinati” la usava  solo per scardinare le difese perché aveva un “talento pungente, veloce, immenso” .

Era la sintesi di tutti i vizi e le qualità del giocatore argentino che mai avrebbe potuto essere capito da noi europei. Una volta ricorda Valdano, gli chiesero un giudizio su Johan Cruyff e la sua risposta fu una “sentenza”: “Corre molto però gioca bene“.  Ma non bisogna giudicarlo troppo in fretta: il suo calcio era fatto di triangoli, dribbling e passaggi in profondità, pochi tocchi ma sempre al posto giusto e zac il compagno davanti al portiere.

Altro aneddoto famoso durante una partita quando – nel corso del primo tempo – aveva dispensato assist regolarmente sbagliati dai suoi compagni. Nell’intervallo disse alla squadra: “Di questo passo dovrò mettermi a segnare anch’io“. Il grande Bo-bo-chini dopo i 19 anni di gioco e le 637 partite – proprio nel momento delle grandi migrazioni di calciatori argentini verso l’Europa, di cui furono protagonisti tanti giocatori con minor talento ricchi e famosi – ricorda Valdano – appese le scarpe al chiodo. Il suo talento era immenso ma era anche concreto: all’Indipendente il Bocha lasciò 4 titoli nazionali, 4 coppe Libertatores, 2 coppe intercontinentali e 3 coppe interamericane.

Il ct argentino Bilardo (primo ai Mondiali del 1986 e secondo nel ’90) non riuscì a non convocarlo per il mondiale Messicano dell’86. Riuscì però a non farlo giocare ma solo grazie alle giocate di Maradona che coprì tutto e tutti. “Solo con il Belgio nella semifinale il Bocha entrò a giocare gli ultimi 6 minuti di una partita già risolta (Argentina in vantaggio 2 a 0)“, ricorda Valdano. Ad attenderlo al suo ingresso il grande El Diego lo accolse con 2 sole parole: “Benvenuto Maestro“. Altri “grandi maestri” non hanno vinto qualcosa, altri grandi maestri hanno sbagliato il rigore decisivo: è nella natura della vita.

Lionel non ti devi curare delle critiche, dei “soloni” da divano ma ricorda sempre il mitico De Gregori che cantava: “Nino non aver paura di sbagliare il calcio di rigore, non è da questo particolare che si giudica un giocatore“. Chi “ama” il calcio, chi ama l’odore dello spogliatoio, chi ama quei maledetti 90 minuti sa cosa significa vincere, ma anche perdere. Quindi caro Lionel ascolta il vecchio Boskov quando ai criticoni rispondeva: “Tua testa serve solo per tenere cappello“.
Un grazie da chi ha avuto la fortuna di aver amato il calcio argentino (amore condiviso dall’amico Mario che oggi non c’è più…), di vedere dal “vivo” Bo-bo-chini, Kempes, Burruchaga, Valdano, Maradona e Messi. Lionel hai 29 anni, il “Bocha” ha dispensato la sua natura fino a 37.
Saper aspettare è una gran cosa.