(tratto da Formiche.net)
Delrio accelera sulla riduzione a 14 delle autorità portuali, ma a Palazzo Chigi c’è chi vorrebbe osare di più. Nel frattempo arriva una senza della Corte Costituzionale che rimette al centro il suolo delle Regioni.Finale d’anno particolarmente intenso per il sistema portuale italiano. Tra fibrillazioni governative sulla riforma delle autorità, nuove norme sui dragaggi e interventi a gamba tesa della Consulta, c’è parecchia carne al fuoco in un comparto che necessita di forti cambiamenti per tenere testa alle grandi infrastrutture del Nord Europa o a quelle emergenti nel Sud Mediterraneo.
L’ASSIST ALLE REGIONI DELLA CORTE COSTITUZIONALE
La decisione è datata 17 novembre, ma è stata pubblicata soltanto il 12 dicembre scorso; si tratta di una sentenza della Corte Costituzionale (presidente Alessandro Criscuolo, relatore Giuseppe Frigo; qui il testo) che smonta un pezzo del decreto Sblocca Italia dichiarando “costituzionalmente illegittimo” il primo comma dell’articolo 29 laddove “non prevede che il piano strategico nazionale della portualità e della logistica, da essa disciplinato, sia adottato in sede di Conferenza Stato-Regioni”. In altre parole, pur essendo la riforma della portualità materia di competenza dello Stato centrale, questi non può ignorare il parere delle Regioni che vanno coinvolte nel processo decisionale “in base al principio di lealtà”.
Il ricorso era stato proposto dalla Regione Campania negli ultimi mesi della presidenza di Stefano Caldoro, secondo il quale l’intervento del Governo su questa materia avrebbe cozzato con l’art. 117 della Costituzione che – così come modificato nel 2001 – annovera i porti tra le materie “di competenza legislativa concorrente”.
Tale pronuncia della Consulta arriva proprio nel pieno della discussione sulla riforma delle autorità portuali, e non favorisce l’azione dell’Esecutivo; anzi, lo mette in difficoltà rafforzando invece quelle Regioni decise ad avere maggiore voce in capitolo nel dibattito sulla riforma della legge 84/1994.
LA RIFORMA DELRIO
La riforma del sistema portuale firmata dal ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio è in gestazione da tempo. Forse troppo, a dimostrazione – dicono i bene informati del settore – delle tensioni presenti nell’esecutivo su questo tema (qui e qui le analisi di Formiche.net). A rilanciarla con una certa enfasi nei toni, parlando di “svolta” per la riduzione da 24 a 14 delle autorità portuali, è stato l’inserto economico del lunedì di Repubblica, Affari&Finanza, che ha messo in luce come Delrio una volta ottenuto l’ok al Piano della portualità e della logistica, ora si appresti a incassare il via libera al decreto che interviene sulla governance intervenendo sulla legge del 1994 e tagliando ben 10 enti. “Nascono così – scrive Affari&Finanza – 14 autorità di sistema che sono i 13 porti italiani inseriti sui corridoi transeuropei (i cosiddetti porti ‘core’) più quello di Civitavecchia. Al vertice strutture decisamente più snelle che in passato, con un board guidato da un presidente scelto dal ministro ‘sentita’ la Regione, e rappresentanti indicati dalla stessa Regione, dai comuni e dalla Capitaneria”.
MA C’E’ CHI VUOLE TAGLIARE DI PIU’
Tuttavia, leggendo il bene informato giornale di settore The Medi Telegraph si scopre che la situazione non è ancora del tutto definita. Sul tavolo di Matteo Renzi a Palazzo Chigi, scrive infatti il magazine genovese del Secolo XIX, ci sarebbero due bozze di decreto: uno è quello riconducibile maggiormente a Delrio con la previsione di 14 autorità portuali e gli altri scali ridotti a “direzioni portuali”, mentre il secondo prevede un taglio più drastico ricalcando lo schema degli 8 distretti annunciato a maggio, anche se in questo caso si parla addirittura di scendere a 7 o a 5. Si tratterebbe di una soluzione pensata per centralizzare il controllo del settore, con pochi ma grandi distretti che si trasformerebbero nei fatti in un’emanazione diretta del Ministero. Resta ora da capire se il premier vorrà portare in Consiglio dei ministri questa riforma prima della pausa natalizia, oppure se congelare tutto, lasciare passare le feste e magari rifletterci ancora un po’ sopra, dato che nella primavera 2016 ci sono le elezioni amministrative e sono già diversi i territori insorti contro le ipotesi di riforma dei porti. Sullo sfondo si stagliano non poche tensioni su questo argomento tra l’entourage di Renzi e il ministro Delrio, come rivelato in questo documentato articolo de il Tirreno di Livorno.
AVANTI CON I DRAGAGGI
Nel frattempo procede a passo spedito la riforma dei dragaggi nei porti, con l’obiettivo di semplificare le procedure burocratiche. Come assicurato dal sottosegretario all’Ambiente Silvia Velo al recente convegno di Livorno, entro marzo 2016 entreranno a regime tre provvedimenti pensati per ridurre i tempi degli scavi dei fondali. Su questo fronte è stata espressa soddisfazione dal consigliere regionale del Pd in Emilia-Romagna, Gianni Bessi, uomo di fiducia sulle questioni portuali del governatore Stefano Bonaccini, ormai prossimo alla presidenza della Conferenza Stato-Regioni. “Le nuove normative presentate – ha dichiarato Bessi – realizzano una sostanziale omogeneizzazione a livello nazionale delle procedure ma introducono comunque una certa flessibilità come richiesto dalle Regioni. Ogni porto è differente sia dal punto di vista socio-economico sia dal punto di vista geo-morfologico per le caratteristiche locali della costa”.