di Gianni Bessi
Pubblicato su il Messaggero.it il 28 luglio 2014
A prua della Costa Concordia sventola anche la bandiera della Micoperi di Ravenna. La manovra di rimozione dell’ospite scafo e l’arrivo a Genova è avvenuta perfettamente. Renzi e Delrio hanno parlato di “orgoglio dell’industria italiana”.
Tutti si riconoscono nelle parole di Renzi e di Delrio, in particolare a Ravenna visto il ruolo centrale della Micoperi, il lavoro di altre aziende ravennate come la Rosetti Marino spa, di tutti gli altri tecnici ravennati protagonisti dell’impresa ingegneristica e di operatività sempre ai vertici mondiali nelle opere di alta tecnologia off shore. Tale eccellenza italiana non nasce per caso, fa parte della storia italiana degli ultimi 50 anni del settore Esplorazione&Produzione d’energia
La nostra storia parte dal mare, dal Mediterraneo e dai mari che lo costituiscono come via commerciale e serbatoio di risorse. E da questo punto di vista, parlare del settore E&P è anche ricordare come in Adriatico, ci sono piattaforme che estraggono in sicurezza gas metano e che a Ravenna è presente uno dei distretti offshore più importanti al mondo. Inoltre a Marina di Ravenna ha sede il distretto Eni più grande d’Italia.
In questo senso, non dobbiamo dimenticare che già in passato Eni è stata uno dei pilastri dello sviluppo industriale italiano. L’attività da cui è nata una classe di lavoratori specializzati, preparati, orgogliosi che hanno portato la capacità professionale e il know how italiani in tutto il mondo.
Questa caratteristica non si è persa: va solamente rigenerata, ma con nuovi strumenti e nuove finalità. In realtà la scelta di esplorare la possibilità di ricavare gas naturale dai giacimenti dell’Adriatico come avevo suggerito in un precedente intervento del 24 giugno scorso implica qualcosa di molto più importante: una strategia generale di sviluppo dell’euroregione adriatica (visto anche l’attivismo Croato), con un nuovo piano energetico che abbia come elementi fondanti la riqualificazione ambientale dei territori e dei luoghi produttivi, l’innovazione di processo, la ricerca di nuovi prodotti.
Le condizioni ci sono, come dimostrano le cifre: le riserve di gas concentrate nella zona dell’Adriatico italiano, divise tra certe probabili e possibili, ammontano al 47 per cento delle intere riserve di gas naturale nazionali. L’Adriatico italiano ospita 62 Concessioni di coltivazione di idrocarburi, all’interno delle quali operano 114 piattaforme offshore, per un totale di 630 pozzi produttivi. Nel tratto di mare italiano, l’industria coinvolta impiega oltre 10.000 addetti tra diretti e indotto, coinvolgendo molte realtà produttive delle regioni costiere. Nel 2013, la produzione di Gas proveniente dalle concessioni dell’Adriatico italiano è stata di 4,475 miliardi di Smc, pari a 3,84 MTEP, che rappresenta l’85% dell’intera produzione di Gas offshore italiana e il 58% dell’intera quantità di gas prodotta in Italia.
Infine, il bacino dell’Adriatico ha generato un beneficio per la Bolletta energetica nazionale pari a circa 2 miliardi di euro. Per la suddetta produzione di idrocarburi, le compagnie petrolifere hanno erogato circa 600 Mln di euro a Stato e Regioni tra Fiscalità generale e Royalties.
L’ipotesi di una strategia che ruoti attorno allo sfruttamento del gas naturale è confermata dai piani di investimento in Esplorazione e Sviluppo proposti dalle compagnie petrolifere: sono 20 con impieghi per oltre 4,8 miliardi €. Si tratta di investimenti di diverse dimensioni che comportano la realizzazione di nuovi impianti la cui costruzione richiederebbe in media tre anni e l’impiego di circa 35.000 Unità lavorative annuali. Tale cifra riguarderebbe per il 95% imprese italiane, con creazione di altrettanti posti di lavoro per tutta la filiera dei settori no oil&gas altamente tecnologici di manifattura e di servizi Made in Italy.
Inoltre, con questi investimenti a pieno regime la produzione in Adriatico di gas naturale potrà raddoppiare i livelli attuali aumentando il contributo alla Bolletta Energetica Nazionale fino a 4 miliardi l’anno ed elevando l’erogazione alla fiscalità generale di Stato e Regioni da parte delle compagnie petrolifere e le Royalties a circa 1,2 miliardi-anno. In termini di occupazione, si può valutare che a regime il numero di addetti coinvolti dall’attività E&P in Adriatico raggiungerebbe le 15.000 unità fisse (contro le 10.000 attuali). Infine una ripresa dell’attività di esplorazione delle zone adriatiche potenzialmente produttive potrebbe riportare la produzione ai picchi degli anni ’90 (circa 12 mld di Smc/anno) con una prospettiva di oltre 20 anni di produzione standard.
Grazie a questi investimenti si può proporre l’efficientazione di tutto il sistema produttivo dell’area, e quindi costruire un progetto con una riduzione significativa del numero di piattaforme malgrado l’aumento della produzione.
L’Adriatico non sarà il “Mozambico”, ma la possibilità di utilizzare al meglio le nostre risorse forse ci permette di ricominciare a scrivere uno storytelling per un nuovo miracolo italiano.