di Gianni Bessi
Pubblicato su Il Resto del Carlino Ravenna il 2 giugno 2014
Il dibattito che si è aperto anche a livello nazionale sui giacimenti di idrocarburi in Adriatico e sulla opportunità di sfruttarli da parte dell’Italia, non possono non avere un importante riflesso su Ravenna e lungo tutta la costa adriatica. Il perché è semplice: davanti alle coste adriatiche ci sono già piattaforme che estraggono in sicurezza gas metano; a Ravenna è presente uno dei distretti offshore più importanti al mondo, a Marina di Ravenna ha sede il distretto Eni più grande d’Italia.
Il punto di partenza, per quanto mi riguarda, è la proposta “European Energy Security Strategy” della Commissione Europea di garantire la sicurezza dell’approvigionamento energetico con la produzione locale di energia puntando sia sulle rinnovabili che sulla ‘produzione sostenibile di combustibili fossili’, gas metano in primis. Non c’è quindi una contrapposizione tra metano, la fonte fossile più pulita che esiste, e sviluppo di eolico o solare. Anzi, le esperienze di Ravenna dimostrano che in questa fase di transizione energetica vi può essere una positiva sinergia tra le due fonti energetiche. Qui ospitiamo, alternativamente, OMC che è la grande exibition dell’oil&gas, e REM, manifestazione dedicata alle fonti rinnovabili. Qui le aziende studiano l’alimentazione dei motori marini a gas e gli autobus funzionano a idrogeno e metano. Qui stiamo sperimentando primi impianti eolici per lo sviluppo del green port. A Ravenna è al lavoro un Tecnopolo con decine di ricercatori che opera in primo luogo sulle nuove energie (dalle biomasse, all’idrogeno, al fotovoltaico di seconda generazione, ai nuovi accumulatori). Se, quindi, accogliamo la proposta dell’ Europa, sulla opportunità di un mix energetico, vediamo che non siamo di fronte ad una contrapposizione, ma ad una complementarietà. Inoltre il terzo pilastro dell'”European Energy Security Strategy” è incentrato sul potenziamento della sicurezza, dell’efficienza e del risparmio energetico sopratutto quella legata al settore edilizio e ai trasporti. Ritengo fondamentale una politica senza quartiere nella “lotta contro tutti gli sprechi”.
In Adriatico, dal Po di Goro alle Marche, ci sono 50 miliardi di metri cubi di gas da estrarre con miliardi di € d’investimento nel settore upstream che occorre ricordare vanno al 95% ad imprese italiane e con la conseguente creazione di posti di lavoro per tutta la filiera dei settori Manifattura, Servizi e Made in Italy altamente tecnologici.
L’Italia non è autosufficiente per quanto riguarda il gas e lo importa, con un costo dell’energia superiore del 30% rispetto agli altri Paesi europei. E nel contempo non abbiamo ancora raggiunto l’obiettivo europeo sul contenimento delle emissioni di CO2, sulle rinnovabili e l’ efficienza energetica del 20/20/20. Perché, mentre rafforziamo l’impegno sull’ efficienza energetica e le rinnovabili, non riprendere a estrarre gas oltre le 12 miglia in Adriatico in condizioni di massima sicurezza e sostenibilità e nel rispetto della normativa europea sulla tutela del Mare Mediterraneo?
Oggi le perforazioni di Eni in Adriatico avvengono in condizioni di notevole sicurezza e nel rispetto di una legislazione che è tra le più rigorose d’Europa. Ci sono inoltre accordi con le Istituzioni affinchè vengano predisposti e attuati progetti per la protezione della costa e del territorio. Credo che le situazioni vadano gestite e governate, non lasciate all’emotività del momento. Non a caso la Croazia è pronta ad estrarre idrocarburi in Adriatico, proprio al largo delle nostre coste. Ma con quali garanzie per noi?
Penso che sia giunto il momento di affrontare concretamente il problema dell’estrazione di gas in Adriatico, senza ridurlo a una sterile contrapposizione tra chi è pro e chi è contro.
Penso che a livello di Governo vada valutata l’opportunità di elevare il valore del Governament take e delle royalties che le grandi compagnie versano per l’attività estrattiva. Le royalties calcolate sul gas dell’adriatico con stima prudenziale potrebbero generare oltre 2 miliardi di euro per le casse pubbliche. Tali risorse potrebbero essere destinate predisponedo per esempio progetti integrati interregionali di tutela e salvaguardia dei territori del Nord Adriatico per affrontare una emergenza diffusa, di carattere ambientale e idrogeologico, dalle coste adriatiche, ai fiumi, all’irrigazione agricola, ai parchi visto che le Istituzioni locali da sole non hanno le risorse per far fronte alle esigenze di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici. Le Compagnie potrebbero inoltre finanziare progetti integrati di ricerca con il coinvolgimento dei Tecnopoli regionali, dei Centri di Ricerca e delle nostre università proprio per essere indirizzate alla ricerca e sviluppo per l’integrazione del mix energetico come previsto dall’European Energy Security Strategy.
L’esperienza dei Paesi del Nord Europa (Olanda, Danimarca e Norvegia in primis) è esemplare. Purchè si ragioni concretamente e non ci si faccia prendere dall’emotività.